The victory, 1939, R. Magritte |
Le “porte”: metafora delle occasioni di vita. Persino mezzo di
scoperta della realtà
di
Marina Zinzani
(Commento di Angelo Perrone)
Quel
treno che non ho preso. Ci penso, delle volte. Ci penso e mi fa male, è un male lieve, una
malinconia, più che altro.
Quella
persona che non ho conosciuto meglio. Eppure potevo soffermarmi, aprire la
porta a quella conoscenza. Non so cosa mi avrebbe portato, non lo so. Ma delle
volte ci penso.
Quel
lavoro che mi avevano offerto. Partire, andare in un altro posto, una bella
città, fra l’altro. Perché ho detto no? Avevo delle ragioni, allora, me lo sono
ripetuto tante volte, in questi anni. Ma delle volte, solo in questa città dove
è facile sentirsi soli, ci penso. Il collega che aveva accettato quel
trasferimento non se n’era pentito, sembrava felice.
La
vita e le sue porte che non si sono aperte, porte socchiuse, in cui si è
intravisto un mondo. E non si è voluti entrare. La vita e le sue occasioni, le
sue opportunità, i suoi incontri: più avanti, negli anni, passano davanti ad
uno ad uno, quegli appuntamenti mancati, in una sorta di beffa, se non di
sottile crudeltà. Perché in quelle occasioni mancate sembra esserci la vita che
non si è vissuto, la vita sognata, cercata, negata.
(ap) La realtà può essere
riprodotta fedelmente nelle sue singole componenti, e tuttavia l’immagine che
ne deriva suscita sconcerto per la sua incongruenza, tanto da sollevare non pochi
dubbi proprio sulla dimensione del reale. Così, nel quadro "The Victory" (1939)
di René Magritte, massimo esponente belga del surrealismo, una porta è ritratta
in riva al mare, è socchiusa, ed una nuvola approfitta dello spiraglio per
entrare indisturbata in una casa immaginaria.
Una situazione paradossale che
cattura l’immaginazione, ma priva di significati simbolici per la puntualità
con cui le cose sono ritratte. Il quadro non è metafora dell’esistente. Gli
oggetti della realtà, riportati con un gusto da illustratore pittorico, creano
un’illusione onirica, sorprendono l’osservatore per l’accostamento inconsueto.
Si configura un universo a tratti indecifrabile ed enigmatico, che rivela nella
sua interezza il mistero che forma la sostanza stessa del reale.
C’è una distanza forse
incolmabile tra la realtà e la sua rappresentazione e l’arte la sottolinea con
evidenza. Gli accostamenti del colore, combinati senza alcuna esasperazione, a
differenza di simbolisti con Salvador Dalì, determinano però una metamorfosi
della natura delle cose e danno forma al desiderio più intimo del pittore.
Quello di “ascoltare il silenzio del mondo”, come egli stesso scrisse.
La ricerca di simboli in una
raffigurazione pittorica della realtà sarebbe forse svilente verso la natura,
esprimerebbe il desiderio che tutto sia conoscibile ma sposterebbe l’attenzione
dell’uomo in un altrove diverso dalla realtà che si sta osservando. Verremmo
privati della possibilità di cogliere la poesia e il mistero che sono sottesi
alla realtà stessa, e che ne custodiscono il senso più profondo.
Impossibile certo sottrarsi
alle domande di senso sulla realtà, è istintivo il processo che porta a
formularle. Tuttavia l’esperienza indica l’impossibilità di trovare risposte
immediate perché le certezze date per scontate hanno perso definitivamente il
loro pregio. La ricerca, che non è mai
immune da contraddizioni e paradossi, si confronta con il mistero finale racchiuso nella vita.
È universale il
linguaggio, come quello di René Magritte, che valorizza piuttosto la domanda che la
risposta, lo stupore che accompagna la visione della realtà piuttosto che la
sua interpretazione: a ben vedere, il mistero è quello espresso dallo stesso
occhio di chi osserva il mondo circostante ed è raccolto nella esperienza
umana. Davvero, “nella vita tutto è mistero”.
Due scritti molto belli che si danno la mano. Alcune spigolature tra narrazione e incipit di riflessione, il primo. Squisitamente filosofico il secondo, ma proiettato all'interno di un testo figurativo quanto mai spiazzante rispetto a una concezione rappresentativa. E qui c'è davvero campo per cogliere le straordinarie sollecitazioni appostate dietro lo specchio.
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