Il narcisismo personale e la demonizzazione
degli altri nascondono la mancanza di un disegno ideale
di
Paolo Brondi
Nel
ritmo dei modelli che emergono nelle attuali argomentazioni politiche si
sperimenta tutt’altro che un’avventura ideale e propositiva, perché le varie
intenzionalità non sembrano orientate dal principio dell’armonia, della
dialettica, per fondare sintesi organiche e valoriali, ma da fenomeni di ostentazione del proprio sé, se
non dalla individuale aggressività prepotenza
e odio interpersonale.
Il
segno che li unisce è un narcisismo che si autoesalta e pretende di far credere
che si debba andare in una sola direzione, demonizzando qualsiasi altra, o con piglio
retorico, prospettando “magnifiche sorti e progressive”, ben lontani o dalla
consapevolezza leopardiana che il mondo andrà sempre in un’altra direzione
rispetto alle ricorrenti illusioni di un “secol superbo e sciocco”.
Fra
gli scrittori che meglio hanno saputo porsi
come simbolo della negatività di quelle illusioni, giova qui ricordare Vitaliano Brancati (Pachino, 24 luglio 1907 – Torino, 25 settembre 1954), la cui giovanile adesione al
fascismo viene così ricordata: ”Io so
cosa voglia dire il fervore di un giovane intellettuale, tutto impregnato di
cultura decadente, per queste formule che promettono nuove forme di vita e
nuova materia di poesia. La formula è una droga gratissima ai cervelli stanchi.
Io lo so perché ne ho sperimentate le effimere gioie e i potenti veleni sui
vent’anni” (Opere, 1947-1954, pp. 347-48).
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