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Ali tarpate?

Hugo Simberg, L’angelo ferito (1903)
Il peso del nome, la condizione dei figli quando il genitore è una figura importante

di Marina Zinzani

Essere in due anche quando si è soli, quando ci si presenta da soli. L’altro è invisibile, ma la sua presenza viene notata, commentata.  Invisibile, eppure c’è.
E nel suo esserci condiziona, a volte condiziona già dalla nascita. Condiziona l’essere bambino, adolescente, adulto.
Nome che si porta sulle spalle, a volte come un manto protettore, che riparerà dal freddo, che farà aprire molte porte senza sale d’attesa. Altre volte può diventare un fardello pesante. Perché si  diventa tutt’uno, agli occhi degli altri.
Il padre, il  nome del padre, il peso del padre: figli fragili, alla ricerca sempre di una loro strada, di una loro identità, difficilmente trovata. Nome ingombrante, nel bene o nel male, nome da abbandonare, da rinnegare, da cui prendere le distanze, o anche nome da esibire. Quasi mai in un rapporto armonioso, l’armonia di vedersi, padre e figlio, in egual distinta misura: il cammino è sempre con quel nome sulle spalle.
E quel nome, ci si accorgerà un giorno,  ha ferito un’ala.  Non si è riusciti a volare bene, a spiccare il volo: nota triste, e ricerca di se stessi in mille rivoli.
“E’ il figlio di…” Bisbigli, giudizi dietro le spalle. Senza sapere di quel volo mai preso, da soli, liberi.

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