Ricevere ma
anche regalare una calza piena di doni, gesti di attenzione ed amore, auspicio di giorni più sereni
(ap) Non c’è che da scegliere tra le ricche
proposte. Per riempire la calza della Befana. Caramelle, merendine, dolci, cioccolato
sono un classico, ma il carbone, quello, non può mai mancare. Nero, e tuttavia ricoperto
da cristalli di zucchero. Si rovinerebbe l’attesa dei bambini se non ci fosse. Durante
le feste siamo tutti più buoni, e va bene, però dobbiamo ricordarcelo anche in ogni
giorno dell’anno che verrà, una regola che vale per tutti, bambini e grandi. La
calza resta una sorta di pagella di fine anno, resoconto di quanto accaduto e
previsione di quel che verrà.
I buoni vanno premiati, gli altri, quelli che
hanno fatto marachelle ricevono un monito rappresentato appunto dal carbone
perché è sbagliato che la passino proprio liscia. Sarebbe il simbolo di una punizione,
evocata dal colore scuro e dal materiale, lo stesso ricavato con fatica dai
minatori, ma in concreto, prevale la benevolenza mai severa, solo un
ammonimento. Anzi nemmeno questo, la dolcezza stempera il significato del
rimprovero, rendendolo un semplice monito, benevolo incoraggiamento per il
futuro. Il carbone ha persino una funzione educativa, stimola a comportarsi
meglio, regalarlo è un esempio e un invito a fare bene.
Attendiamo tutti la calza della Befana,
nonostante i regali portati da Babbo Natale. E non per ingordigia di oggetti,
overdose di generosità. I doni del vecchio che gira il mondo sulla slitta esauriscono
la bramosia delle compere, la bulimia dei beni; quelli portati dalla vecchietta
che viaggia con la scopa sono un simbolo diverso perché giungono nei primi
giorni dell’anno, e sono auspicio di giornate più felici.
La calza è un gesto di attenzione, per chi la
lascia sulla porta e per chi la riceve; non dovrebbe colmare un’assenza
maturata nell’anno precedente, ma solo ricordare a bambini e adulti le cose
buone che la vita può riservarci. Con un po’ di fortuna certo, ma anche con il
nostro impegno quotidiano. Per questo è anche un gesto di amore.
La calza è una vecchia irrinunciabile abitudine,
risalente nel tempo e con un significato analogo. Prima di assumere nell’alto
medioevo le sembianze di un’anziana e brutta signora, quasi una strega, altre
figure femminili prendevano per mano il nuovo anno, associate al mutamento
delle stagioni, al rinnovamento della natura, ai propositi di benessere.
Tra i pagani, l’alternanza dei cicli stagionali si
accompagnava a riti propiziatori in cui soggetti femminili volavano sui campi,
di notte, per favorire la fertilità della terra e auspicare consistenti
raccolti. I romani celebravano Diana come dea dell’abbondanza, oltre che della
cacciagione, proprio all’inizio del nuovo anno, quando il sole, dopo il
solstizio d’inverno, cominciava a regalare più luce, anticipazione anch’essa di
buona sorte. Ora è la vecchietta dal naso ricurvo che fa il giro delle nostre
case, ricordandoci che, con un sorriso, possiamo affrontare meglio la fatica di
ogni giorno.
GRAZIE!
RispondiEliminaIl tuo scritto è proprio un bel regalo nella calza della Befana.
Buona giornata
Non dobbiamo permettere a nessuno di allontanarsi dalla nostra presenza, senza sentirsi migliore e più felice.
RispondiElimina(Madre Teresa di Calcutta)
Angelo, grazie della tua presenza.
Anche con questo racconto, come molti altri, riesci a ricordare in modo assai piacevole l'importanza di cose semplici da noi dimenticate nella frenesia della vita moderna.