Riappropriarsi del tempo, delle cose
smarrite, di se stessi
di Bianca Mannu
Quando non so che ora sia
e neppure mi curo di saperlo
vuol dire che sono al momento
Unica Signora del mio tempo.
M’è indifferente che il sole
irrompa sui balconi
o che la notte immensa
rimpicciolisca l’orgoglio
dei fari e dei lampioni
Allora il mio pensiero
il tempo e io siamo
tutt’uno.
Mio è allora il tempo
di tutte le cose spettinate
che sono dentro le parole
mio il tempo di quelle giacenti
sotto
o soprastanti o contigue.
Mio nel loro groviglio è il palpito.
Mio il loro aprirsi come fiori di
luce
agli apici dei sensi – ancora miei.
Mia è l’esultanza nel gioco alla
rincorsa.
Mia la presa. E la perdita
dentro virtuali stagni –
creati sul momento da un battito di
ciglia –
è anch’essa
indubitabilmente
mia.
Sono perfino mie le cadenze e la
danza
i toni e le variazioni degl’interni
cembali
percossi dal divino ritmo del cuore
che finalmente accoglie la solitaria
gioia
di fregiarsi principe di tanta
precaria potestà
fatta di niente.
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