Non solo tagliatelle al ragù e torta
“mimosa”: l’attesa dell’ombrellino dai fiori rosa
di Laura Maria Di Forti
Bettina era una bimba allegra e
intelligente, vivace e un po’ pretenziosa. Per il suo decimo compleanno aveva
detto ai genitori che voleva come regalo un ombrellino azzurro coi fiori rosa
che aveva visto nel negozio vicino alla scuola e lì, davanti alla vetrina,
aveva portato prima la mamma, poi il papà e infine perfino lo zio Antonio, il
suo preferito, quello che le aveva insegnato la bellezza delle poesie e
l’alternarsi delle stagioni.
Che l’estate fosse il periodo delle
vacanze e che Natale venisse all’inizio dell’inverno, questo Bettina l’aveva
capito molto presto, ma lo zio le aveva insegnato che la primavera ha il
profumo delle rose e il colore del verde tenero dei germogli appena spuntati
sui rami degli alberi e che l’autunno, invece, si arricchisce dei toni caldi
delle foglie che si lasciano cadere sui viali al primo soffio di vento e si
riempie di odori intensi, come quelli sprigionati dalle caldarroste fumanti e
dalla zuppa di lenticchie di nonna Maria.
Un pomeriggio di metà novembre lo
zio Antonio, quindi, venne portato per mano da Bettina fino alla scuola,
insieme girarono a destra e si trovarono proprio di fronte al negozio del signor
Ignazio, che vendeva borse, valigie, occhiali e, appunto, ombrelli.
L’ombrellino su cui Bettina aveva
posato gli occhi si trovava nella vetrina di sinistra e la bimba fece notare al
caro zio che comprarlo era un grande affare, giacché veniva venduto insieme ad
un piccolo, grazioso foulard della stessa stoffa. Insomma, Bettina già si
immaginava procedere, in una giornata piovosa, lungo il viale che la portava
ogni mattina a scuola con in mano il suo ombrellino, la cartella in spalle ed
il foulard annodato sotto il collo.
La ragazzina fece notare allo zio,
indicando la vetrina, che mai era esistito un ombrellino più bello e un foulard
più civettuolo e che sarebbe stato veramente sciocco da parte dei suoi genitori
farle perdere un regalo tanto gradito. Bisognava comprarlo subito giacché era
l’unico di quel genere e colore presente in negozio. E se qualcun altro lo avesse
comprato? Lo zio Antonio, pertanto, avrebbe dovuto intercedere per lei
assicurandosi, in tal modo, la sua totale gratitudine qualora fosse stata
accontentata. Lo zio, che la sapeva lunga e che conosceva la precoce se pur
innocente vanità della nipote, sorrise amabilmente, promettendo la più sincera
intenzione di essere suo mentore fidato.
Il giorno del compleanno si
avvicinava e Bettina andava sempre più preoccupandosi. Non aveva avvistato da
parte dei genitori movimenti insoliti, uscite furtive, sorrisi complici e
nemmeno allusioni a piogge, temporali o copricapi di sorta. L’ombrellino
azzurro coi fiori rosa ed annesso foulard sembravano lontani, tanto più quanto
maggiormente si avvicinava il fatidico giorno.
Un dì, alla fine della scuola, prima
di tornare a casa, Bettina decise di andare a vedere la vetrina del negozio del
signor Ignazio. Guardò, cercò, strabuzzò gli occhi. L’ombrellino era sparito,
letteralmente scomparso dalla vetrina di sinistra e certamente non era spuntato
in quella di destra. Qualcuno lo aveva acquistato insieme al bel foulard per
fare felice un’altra bambina, non certo lei. Convinta di questo, Bettina tornò
a casa triste e sconsolata, mangiò poco a pranzo e non volle fare merenda. La
sera si addormentò dopo che qualche lacrima silenziosa le aveva rigato il
volto.
Due giorni dopo, domenica, sarebbe
stato il suo compleanno. La mamma le aveva promesso che avrebbe cucinato le
tagliatelle al ragù, di cui lei era ghiotta, e il papà sarebbe uscito per
andare in pasticceria a comprare una mimosa, la sua torta preferita.
La domenica mattina Bettina si
svegliò di malavoglia. Non aveva intenzione di andare in cucina a fare
colazione perché sapeva che sul tavolo, come era abitudine, avrebbe trovato il
pacco del regalo. Che cosa le avevano regalato i genitori se l’ombrellino era
stato comprato da altri? Forse una bambola o un maglione o magari un gioco da
tavola?
La mamma la chiamò a gran voce:
“Bettina, corri, non vuoi fare
colazione?”
Allora la bimba si alzò e, calzando
controvoglia le pantofoline rosa, si avviò verso la cucina. Sul tavolo c’era
però solo una tazza con il latte dentro e un piattino con alcuni biscotti. Del
regalo nemmeno l’ombra.
Bettina fece colazione, si lavò e
vestì in tutta fretta chiedendosi cosa mai avesse fatto di sbagliato per non
meritare alcunché di sorta. Almeno, pensò, qualcosa i suoi genitori avrebbero
dovuto farle trovare, perché non si può festeggiare un compleanno senza regalo
e lei si era comportata bene, aveva sempre ubbidito ed era stata diligente nel
fare i compiti.
Bettina guardò il cielo che si era
rabbuiato e si accorse che una pioggia sottile e instancabile rigava i vetri
delle finestre e bagnava la strada.
“Cosa fai alla finestra? – le chiese
il padre indossando il cappotto – Non vorresti accompagnarmi in pasticceria a
comprare la tua torta di compleanno?”
Nel formulare queste domande, il
babbo tirò fuori dall’armadio uno strano involucro, lungo e stretto, con un
gran fiocco rosso a suggellare il fatto che si trattava di un regalo e non di
un pacco qualunque.
“Auguri Bettina, buon compleanno!”
disse il babbo e la mamma, sgattaiolata improvvisamente fuori dalla cucina, si
unì a lei in un caldo abbraccio.
Inutile dire che il regalo
consisteva proprio nell’ombrellino azzurro che prontamente Bettina prese in mano
decisa ad utilizzarlo subito per difendersi dalla pioggia. Fu allora, mentre la
bimba raggiante usciva di casa serrando il suo regalo, che il padre le annodò
il foulard sotto il collo. La vestizione era ora completata e Bettina uscì
sotto la pioggia felice e sicura che non si sarebbe bagnata per alcuna ragione
al mondo.
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