Parole che raccontano attimi di vita
di Liana Monti
Inverno 1976. Lilly frequentava la prima media. Quel pomeriggio era a casa, alla scrivania e stava eseguendo i compiti sulle varie materie scolastiche. La luce cominciava a calare. Si alzò per accendere il lampadario. All’improvviso sentì una voce sottile che la chiamava. Fu così che guardò verso la finestra. Si affacciò e la vide, ecco la neve.
Candidi fiocchi grandi che cadevano lentamente dal cielo e si posavano dolcemente sul suolo formando un tappeto bianco che ricopriva tutto: il giardino, il marciapiede, gli alberi, la strada. Un silenzio incantato avvolgeva questo spettacolo. Una sorta di bagliore candido catturò i suoi occhi. Un momento di infinito si impadronì della sua mente.
Quasi senza fiato, senza battere ciglio, continuava ad osservare lo spettacolo ipnotizzata dal candore. La voce misteriosa che l’aveva chiamata si trasformò in parole che sorgevano spontanee dalla sua mente. Parole di ammirazione. Parole di stupore che descrivevano quella meraviglia. Parole semplici che componevano frasi brevi. Frasi che terminavano in rima.
Frasi preziose che fissavano quell’esatto momento speciale, unico, irripetibile. Frasi da non perdere, da non dimenticare. Unico gioiello che si materializzava da questo momento speciale. Fu così che capì. Poteva conservare quel piccolo tesoro in un unico modo. Prese la penna, un foglio vuoto dal quaderno, e trasferì quelle parole dalla mente alla mano, dalla mano alla penna e dalla penna al foglio. Le parole prendevano forma. E quella forma divenne una poesia. La sua prima poesia.
Conservata, insieme a quelle che seguirono, in un quaderno segreto nel cassetto di camera sua. Quel quaderno andò con lei ogni volta che cambiò casa. Uno scrigno contenente la cosa più preziosa. Perché una poesia, le poesie, sono attimi catturati dal tempo che fugge. Sono mattoni invisibili che compongono un edificio riservato a cui nessun altro può accedere. Un castello circondato da un oceano di nuvole ed accessibile solo tramite un sentiero arcano. Una fortezza dove abita l’intimità di chi lo ha costruito.
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