di Marina
Zinzani
Le città in agosto si svuotano. Lunghe
file di auto verso il mare, la montagna. Ha un sorriso particolare, la gente
che parte per le vacanze: perché quel sorriso suggerisce giorni felici, i loro.
Chi resta in città e non può andare in
vacanza perché è solo, non ha lavoro o
ha paura di perderlo, non ha denaro o
per qualche altro motivo, vive l’estate con una punta di malinconia. Le vacanze
felici, suggerite dagli altri, procurano un leggero rammarico, a volte anche invidia.
Chi resta in città può vederla però con
occhi diversi. Può gustarne i lati positivi: la mancanza del traffico, le
occasioni culturali che qualche buon assessore ha creato, pensando a chi resta
e non può spendere. Ed ecco apparire nei cartelloni serate di musica classica,
di jazz, di tango, dedicate a cantautori, alla poesia, e poi cinema all’aperto,
incontri con autori.
Perché la felicità degli altri,
intravista da chi resta in città, a volte è solo immaginata: spesso il riposo, il vero riposo rigenerante non
c’è, nell’affollamento rumoroso di una spiaggia.
Può essere bella, sorprendente, una
serata a ballare sotto la luna in città, fra musiche latine, tango, valzer,
tarantella. Ci può essere un’umanità variegata, e un semplice divertimento. Ma
i volti di queste persone sono spesso più appagati di chi torna da mete costose
e alla moda.
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