(I
mille perché, dopo il terremoto)
(ap) Dopo il terremoto del 24 agosto 2016 nel
centro Italia, che ha portato via tante vite, causando danni immani al
territorio, si moltiplicano gli interrogativi. Che riguardano non solo le cause
naturali delle sciagure, l’incuria nella prevenzione, la mancanza di interventi
per la tutela di quella zona così tormentata sul piano sismico.
Lo sguardo spazia oltre, il pensiero si interpella drammaticamente di fronte a un fatto, apparentemente naturale, che si mostra così oltraggiosamente ingiusto e che stupisce proprio per l’ignominia delle conseguenze riversate senza ragione su tanti innocenti. Non pochi hanno invocato il nome di Dio, tra collera e compassione, in un tormentato dialogo intimo, e su questo tema si sofferma la sofferta poesia di Marina Zinzani Notte, senza fine (PL, 29/8/16).
Lo sguardo spazia oltre, il pensiero si interpella drammaticamente di fronte a un fatto, apparentemente naturale, che si mostra così oltraggiosamente ingiusto e che stupisce proprio per l’ignominia delle conseguenze riversate senza ragione su tanti innocenti. Non pochi hanno invocato il nome di Dio, tra collera e compassione, in un tormentato dialogo intimo, e su questo tema si sofferma la sofferta poesia di Marina Zinzani Notte, senza fine (PL, 29/8/16).
Tuttavia
le macerie non hanno travolto né l’anima delle popolazioni colpite né lo
slancio di tanti che sono accorsi spontaneamente nelle operazioni di soccorso.
Sarebbe stato facile cedere rozzamente, come altre volte, nelle polemiche,
nelle invettive, nello scaricabarile. Non è accaduto. La macchina della
protezione civile è apparsa pronta alla bisogna, e quasi in allerta per un
tempestivo soccorso. I toni, i gesti, nell’atteggiamento delle istituzioni,
suggeriscono la possibilità di un rapporto diverso con i cittadini. E’
prevalso, soprattutto, nella gente, lo spirito di solidarietà che ha mosso
l’azione di tanti volontari già a poche ore dal sisma. E’ emersa tra quelle
macerie la volontà di reagire, di lottare contro le difficoltà e la fiducia del
ritorno alla vita di prima, magari più serena e sicura. Gli italiani si sono
sentiti un popolo unito davanti alla sciagura, prestando, ognuno a suo modo, e
secondo le proprie possibilità, una mano per lenire il dolore delle perdite,
offrire un riparo ai senza tetto, anticipare per quanto possibile il ritorno
difficile alla normalità. Sentendosi fratelli, uniti nella disavventura e nel
dolore. Un atteggiamento che ha coinvolto gli stranieri in Italia, e tante
persone all’estero.
Piccoli,
grandi segnali, di fronte alla tragedia, che indicano una strada, un percorso
da realizzare tutti insieme, una speranza che può misurarsi già da oggi nella
concretezza dei sogni di ciascuno sull’avvenire di questo amato Paese. Quando
ci si interroga sulla mano di Dio nelle tragedie umane, e si avvertono la
fragilità del nostro vivere e un senso di sperdimento, può capitare di scoprire
di non sentirsi più soli. Qualcuno ci porge con calore una mano. Dalle montagne
diventa più facile scendere verso la pianura ed il mare. Il viaggio
all’improvviso appare meno faticoso ed incerto. I passaggi anche nel buio della
notte sono meno tortuosi ed insicuri. Si avverte un chiarore, all’orizzonte.
L’affresco della vita, osservato più da vicino, rivela colori inaspettati.
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