di
Sonia Scarpante *
(ap) La scrittura come analisi di se stessi,
interpretazione delle proprie emozioni, recupero delle energie smarrite: un
viaggio interiore faticoso ed impegnativo ma efficace, ed utile. Nel quale non
è dato solo apprendere delle tecniche ma si cerca in primo luogo una cura di
sé, delle ferite che accompagnano i nostri passi quotidiani, una elaborazione
dei propri “lutti”, per liberare alla fine le forze che custodiamo e che ci
possono aiutare a ritrovare un equilibrio, a crescere come persone. Non di
rado, ad essere anche felici. Un lavoro individuale e collettivo condotto
dall’autrice nel suo blog, nei testi che scrive, nei corsi che organizza.
Perché
parlo di Scrittura terapeutica? Quali motivazioni mi spingono a farlo?
Parlo di scrittura
terapeutica perché il mio inizio di vita nuova parte proprio dalla mia
autobiografia Lettere
ad un interlocutore reale.
Che
cosa mi ha insegnato quel viaggio autobiografico?
Che la scrittura è veramente
un mezzo potente, un aiuto fondamentale per chi è alla ricerca di un miglior
equilibrio interiore.
La chiamo terapeutica perché,
attraverso il lavorio continuo di una scrittura salvifica, si evince quanto essa ci
possa aiutare nell’elaborare anche la sofferenza più acuta, a superare
traumi di cui
molti di noi portano sul proprio corpo stigmate evidenti, a sciogliere
nodi, a risolvere
fragilità affettive. A vincere vecchi sensi di colpa.
Grazie alla scrittura ho
imparato a confrontarmi con la faccia poliedrica di ciò che ognuno di noi
chiama il suo “me stesso”; ho imparato a recuperare un mio senso; ho
imparato a vedere nelle mie emozioni dando loro parola. Senza temere.
La scrittura terapeutica,
intesa come ricerca individuale e pratica, incrementa le forze legate all’interiorità
e in tal senso migliora la qualità della nostra vita.
Ancora, la scrittura
terapeutica può essere considerata uno degli strumenti conoscitivi, non ultimo
e nemmeno risolutivo, ma confacente al soggetto che ad essa si rivolge per
attingere e imparare a sostenersi.
Nel lavoro prima individuale
e poi collettivo, che la scrittura può sviluppare, matura una predisposizione
più marcata verso chi sta raccontando di sé, un’attenzione più sentita, un
senso nuovo della vita altrui e della nostra dove la fiducia diviene elemento
dominante, amalgama di sostanziale forza che aiuta a stemperare le complesse
vicissitudini dei vissuti.
Attraverso
la narrazione autobiografica ho imparato a svelare me stessa nelle diverse sfaccettature
che mi compongono, ho imparato a sanare le relazioni affettive, a
sciogliere pericolosi nodi esistenziali, a dare voce e a risolvere anche sensi
di colpa, a
riconciliarmi con quegli eventi difficili che nella mia vita si erano assopiti
e depositati nei meandri della memoria.
In questo lavoro di scavo
sono essenziali due peculiarità, bisogna nutrirsi di
coraggio nel
rivedere se stessi e di fiducia in ciò che andiamo a costruire.
La scrittura terapeutica è un
viaggio introspettivo forte e impegnativo in grado di offrire nuove possibilità per ascoltarsi e
conoscersi meglio, un viaggio che ci porta su strade nuove e opportunità
inimmaginabili.
Durante questo tragitto
introspettivo si impara a parlare di emozioni e sentimenti senza sentirsi
giudicati, a riconoscere nella storia dell’altro analogie con la propria, a
condividere una sofferenza e a diventarne più consapevoli. La possibilità di
scrivere su di sé e rivedersi da prospettive differenti anche grazie allo
scambio degli altri partecipanti e ai rimandi del conduttore sfocia in una
sensazione di benessere psicofisico che risveglia risorse personali fino a
prima dimenticate o nascoste.
Il percorso con la scrittura
terapeutica prende vita all’interno di un gruppo, in cui ogni partecipante è invitato
a scrivere di volta in volta lettere, tra le quali la prima è indirizzata a se
stessi (metodologia pratica che fa riferimento al testo: Parole evolute. Esperienze e tecniche di scrittura terapeutica, Ed.
Science).
Seguono poi lettere
intitolate ai nostri interlocutori e a familiari, nonché lettere incentrate su
emozioni e paure o su altre situazioni specifiche con cui ci troviamo spesso a
fare i conti.
Il
primo importantissimo passo da fare è accettare se stessi, perdonarsi e amarsi. Tale metodo di scrittura in
campo medico viene definito come “terapia coadiuvante” da prescrivere accanto a
quella farmacologica per il valido aiuto psicologico che fornisce al paziente.
La
scrittura, dando
materialità all’inesistente, quindi, permette di sentirsi e
vedersi attori di un’altra realtà.
Da qui l’importanza psicologica che la scrittura
riveste nel nostro modo di prefigurare il cambiamento, di darci una nuova
immagine di noi stessi, di prevedere per noi un “io autentico”, tutto da scoprire e da
ricostruire.
Possiamo affermare che la scrittura
rappresenti una forma di emancipazione, un serio contributo per
costruire un domani di persone più appagate e consapevoli.
Può
la Scrittura Terapeutica svilupparsi in Scrittura performativa? Perché possa
avvenire questa evoluzione quali aspetti non devono essere tralasciati?
Il lavoro di scavo nelle memorie
genitoriali ad
esempio è di fondamentale importanza, il tema della casa della propria
identità, il legame con i figli, con il proprio compagno, scavare
all’interno dei propri sogni ma anche e soprattutto delle proprie resistenze, delle fatiche che si
manifestano in stili ripetitivi, e poi una certa analisi di sé attraverso
libere associazioni con un elemento naturale, un oggetto, o un viaggio. Tutto
questo fa sì che la scrittura da terapeutica possa trasformarsi in
performativa.
So quanto la riflessione
scritta su questa tematica possa costare in termini emotivi e di introspezione,
ma conosco bene, per averli vissuti in prima persona, anche i benefici cui
permette di arrivare, una volta trovato il coraggio di affondare il bisturi
nella ferita e di cauterizzarla con l’aiuto della parola scritta.
* Sonia Scarpante è Presidente
dell’associazione “ La cura di sé”.
Riferimenti:
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