di Giovanna
Vannini
(Guardando la fiction I bastardi di Pizzofalcone,
tratto dal libro di Maurizio De Giovanni)
La trasposizione da letteratura a cinematografia
lascia spesso perplessi per un certo non so che, comune a molti credo.
Per via di quel vedere, quel sentire, immaginare i personaggi in sentimenti, in
volume di voce, di sguardi proiettati verso un dove, di espressioni che si
perdono in un cosa. Insomma leggerli resta sempre il miglior modo per ognuno di
noi di interpretarli.
Però devo ammettere che questi bastardi di Maurizio De Giovanni in fiction fanno la loro gran bella figura confermandomi, se non in toto, gran parte dell’immaginario immaginato. Una Napoli colorata, non come quella spesso truce di Ricciardi o quanto meno in bianco e nero, come mi viene di vederla immergendomi nell’atmosfera ricciardiana. Una Napoli che non rinnega le sue magagne e le sue deficienze, ma che finalmente esplode anche in bellezza, perché Napoli è bella.
Però devo ammettere che questi bastardi di Maurizio De Giovanni in fiction fanno la loro gran bella figura confermandomi, se non in toto, gran parte dell’immaginario immaginato. Una Napoli colorata, non come quella spesso truce di Ricciardi o quanto meno in bianco e nero, come mi viene di vederla immergendomi nell’atmosfera ricciardiana. Una Napoli che non rinnega le sue magagne e le sue deficienze, ma che finalmente esplode anche in bellezza, perché Napoli è bella.
Un azzeccatissimo cast senza partire da Gassman, ma
da tutto quello stuolo di attori madrelingua che “rendono” e trasmettono bene
l’indole partenopea, che intender non la può chi non lo è. Nota ironica sul
medesimo: una succursale di prestigio di Un posto al sole, unica soap che con
affetto immutato seguo da una cifra di anni.
Di Alessandro Gassman che dire? Per me è bravo. Mai
eccedente, mai protagonista, un tutt’uno con gli altri, un assolo al bisogno.
Qualcuno gli contesta il non accento siciliano, io sinceramente no. In fondo
leggendo sia Lo Iacono che Ricciardi, mi risuonano neutri d'accento nelle
orecchie, come punto di piacevole distinzione dal resto. E poi l’imitazione di
un dialetto, di una cadenza, non è pane per tutti e se deve essere maccheronica
meglio lasciar perdere. O no? Pizzofalcone, i suoi bastardi, funzionano oltre
le pagine, raccontandoci storie che attraversano le proprie, senza eccessi,
senza sensazionalismi, provando a consegnarsi con l’identica umanità con cui,
il suo autore, il suo mentore, li ha scritti.
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