Ritratto di signora in nero, di Francesco Trombadori |
Il mistero degli occhi
che non si lasciano osservare, immagine delle irrequietezze del presente
Poesia
di Marina Zinzani
Intervento di Angelo Perrone
Non si vede il volto di una donna
di una persona
sembra di vederlo
ma quante volte ci siamo sbagliati
i suoi occhi sfuggono
e diventa pietra il cuore
impaurito.
(ap) Il centro della composizione,
nel “Ritratto di signora in nero” di Francesco Trombadori (1886 – 1961), è una
donna dal volto misterioso, appena accennato nelle labbra colorate leggermente
di rosso in contrasto con il nero dell’abito. Proprio il colore della bocca,
brace che arde sommessamente nel silenzio, esalta l’enigma di un viso che non
c’è; di occhi che, mancando, vogliono sottrarsi ad ogni imbarazzante curiosità.
Forse lo sguardo è dolce e calmo,
come suggerisce la composta postura del corpo, immobile e fermo nel suo
concedersi solo parzialmente agli occhi altrui. La sagoma della donna senza
volto è proiettata in una atmosfera incantata e sospesa, fuori dal tempo e
dalle contingenze, in una dimensione pervasa da purezza, piena di rimandi alla
classicità. Compare una luce oltre la precarietà, la stessa che Trombadori
aveva colto per le strade di Roma, città che tanto amò e dipinse nei suoi
angoli più segreti.
Eppure l’immagine evoca anche, in
modo così deciso, le inquietudini del presente. L’incompletezza di quella
figura di donna suggerisce un senso sconcertante di irrequietezza, di
fragilità, di incertezza. La modernità del ritratto non dipende dalla forma
esteriore del corpo femminile, legata a suggestioni classiche, ma dal suo aspetto
così indefinito e sfuggente, sagoma incompiuta, frutto dell’inevitabile e
struggente metamorfosi delle forme nel tempo.
Il mosaico di tessere che racconta
la vita è ancora scompaginato, attende di ricomporsi in un disegno che forse è
impossibile da raggiungere compiutamente. Perché è proprio l’intrinseco enigma
della vita che meglio ne descrive la misteriosa essenza.
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