La
scuola, l’adolescenza: l’immagine ricorrente di Gianna
Racconto
di Paolo
Brondi
Al
termine di una giornata densa di attività per le quali, ormai da anni, si snoda
il mio tempo, qui, in questo mio studiolo pisano, nell’imbrunire, vado ricordando
degli avvenimenti accaduti in vari tempi. La prima immagine è quella di te, dei
tuoi cari e dell’affettuosa accoglienza che mi avete donato alcuni giorni fa.
Il
tempo, tutto quel tempo, ha ingenerato incertezza e sorpresa, ma non ha
impedito il recupero di antiche memorie. Mi hai ripetuto nomi e vicende dei
nostri compagni di scuola ed in me la folla silente dei ricordi si è resa via
più chiara e sonora. Alla pena per chi non è più, si è unita la dolcezza di
tante vicende, mai veramente remote.
Quando
mi hai invitato a ripercorrere insieme il lungo viale alberato che ci ha visto
adolescenti in quotidiana, condivisa, trepidazione, in vista di varcare il
portone della scuola, avrei voluto ricreare, almeno un poco, l’incanto di
quella perduta età, troppo precocemente negato per contingenza di eventi, ansia
di crescita, desiderio di affermazione, lontananza.
Ho
parlato poco, preferivo ascoltarti per preservare tonalità e cadenze della
nostra vita passata, oltre lo spessore dei tanti problemi di oggi, per
riportarle a quell’immagine di te come mi appariva allora, con i capelli dal
vento scomposti, il visino a tratti imporporato per il freddo o, forse, per un
malcelato sentire. E si andava vicini. L’ora già tarda non ci ha permesso di
prolungare l’incontro, ma tanto è bastato, come vedi, per affrancare un mondo
di immagini e sentimenti.
Credo
sia importante, in tempi così dominati dal meccanicismo e dall’utile, non
disperdere memorie così dolci e ricche di nuovi significati. Il custode mi
annuncia che è ora di chiudere le porte della facoltà: debbo riporre le carte e
chiudere sul giorno sempre più breve.
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