Ernest Hemingway |
Hemingway: la Parigi degli anni ’20 e quel
mondo di libertà
di Marina Zinzani
“Quando
giungeva la primavera, anche la falsa primavera, non restava che da risolvere
il problema del posto in cui sentirsi più felici. L’unica cosa che poteva
rovinare una giornata era la gente e se riuscivi a evitare di prendere impegni,
non c’era giorno che avesse limiti. Era sempre la gente a limitare la felicità,
tolti i pochissimi buoni proprio come la primavera.” (Ernest Hemingway, “Festa
mobile”).
“Era
sempre la gente a limitare la felicità.” E’ la Parigi degli anni Venti di cui
Hemingway parla, quella che lui ricorda con struggente nostalgia. Si può
immaginare un mondo a sé, affascinate e privilegiato, appuntamenti con altri
scrittori come Scott Fitzgerald o pittori come Picasso, la creatività che si
esprime con un foglio e una penna in un bistrot, la città che accende l’ispirazione,
taglia le corde della propria identità e fa volare in alto, facendo assumere
altri volti, i suoi personaggi, e vivendo in altri luoghi, quei luoghi che
abbiamo potuto conoscere attraverso i suoi racconti.
E’
tutto lontano dalla nostra realtà, quel mondo. Ma non quella frase, che rimane
scolpita nella mente, “era la gente a limitare la felicità.”
L’operaio
che si alza alle cinque del mattino, fa un tragitto lungo per arrivare al
lavoro, il suo corpo stanco, la pensione meta così agognata e ancora lontana.
Felicità con la sua compagna, un viaggio, una crociera, una botta di vita in un
bel ristorante. Sogni. Il senso di qualcosa di limitante. Non una persona in sé
che limita la felicità, ma un insieme etereo di cose che impediscono di vivere
diversamente.
Le
persone che si incontrano, che si sono incontrate lasciando segni avvelenati,
parole che hanno inquinato, ferito, disilluso. Ambienti che sono rilegati a
ricordi quasi rimossi, pagine da chiudere in fretta. Poteva essere tutto
diverso, se non ci fosse stata gente a limitare la felicità.
Hemingway
parla del suo mondo, ma le sue parole evocano anche il nostro. Un mondo e
persone che hanno limitato, come in un recinto, il gioire di una giornata, di
un momento, di un periodo. Bastava poco, per rendere diverse tante giornate.
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