(a.p.) ▪️
Il rapporto con le feste, tra euforia e malinconia
Addobbi floreali e tante candele. Composizioni che rallegrano ambienti e la tavola. Dalle più classiche a quelle ispirate alla natura invernale. Materiali di tendenza, colori alla moda. Una liturgia cromatica e sonora che non ammette sfumature. Il rosso ovunque, nelle cose e nell’abbigliamento, sino all’intimo, la sensazione di qualcosa che stordisce. È un vero e proprio bombardamento sensoriale e commerciale, un'imposizione a essere felici che, paradossalmente, può generare un senso di estraneità e una pressione psicologica insopportabile.
L'oscillazione di sensazioni
Le strade alternano assembramenti di gente alla ricerca spasmodica di regali, prima natalizi e poi epifanici, a vuoti improvvisi, silenzi martellanti, saracinesche fragorosamente abbassate, e tristi. Questa dicotomia riflette l'oscillazione interiore: il rumore collettivo cerca di coprire, ma non riesce ad annullare, l'eco del singolo. Magari ci aspetta l’immancabile e struggente trenino intorno alla tavola imbandita allo scadere fatidico dell’anno che finisce. Un rituale forzato di gioia che nasconde la fatica di chiudere e riaprire i conti con il tempo, con le aspettative non mantenute. Il crepitio dei fuochi d’artificio, gli squarci dei giochi di luce. Lo sguardo sorpreso, e forse allarmato dei bimbi.
Il peso delle assenze
Qual è la vera posta in gioco emotiva nel rapporto con le feste? Si può essere depredati di molto nella vita: il lavoro, gli affetti, la serenità. Le stesse persone. Le perdite subite non vengono né attenuate né cancellate dalla luce artificiale degli addobbi. Ma rimane quel bisogno tenace di andare avanti lo stesso, comunque. Si può capire chi percepisce un senso di malinconia: proprio nelle feste siamo costretti a avvertire con maggiore intensità un senso di vuoto. Non si tratta solo di tristezza vaga, ma di un'implosione emotiva scatenata dal violento contrasto tra la felicità prescritta e la realtà del nostro vissuto. Quello di certe assenze che, in questo scenario di gioia imposta, diventano presenze assordanti nel silenzio del dopo-festa.

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