L’attesa e le delusioni: il vento che allontana i tradimenti e porta con
sé la voce delle anime
di
Marina Zinzani
Disse
Grazia Deledda (1871-1936) al ritiro del premio Nobel nel 1926: “Ho vissuto coi venti, coi boschi, colle
montagne. Ho guardato per giorni, mesi ed anni il lento svolgersi delle nuvole
sul cielo sardo. Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli
alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che
dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l’acqua corrente.
Ho visto l’alba e il tramonto, il sorgere della luna nell’immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo. E così si è formata la mia arte, come una canzone, o un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo.”
Ho visto l’alba e il tramonto, il sorgere della luna nell’immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo. E così si è formata la mia arte, come una canzone, o un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo.”
Le
speranze tradite. Le attese deluse. La rincorsa ad una situazione, un evento,
la goccia che si posa su una mano, goccia miracolosa: quando tutto svanisce,
rimane il silenzio.
Il
vento e i luoghi di chi aveva vissuto raccogliendo la voce di anime. Una casa e
una lapide. Il tempo andato. Foglie
secche per terra. Autunno e i colori caldi, le caldarroste.
Un
girotondo di impressioni, le attese di tutti, speranze. Ma se c’è una casa
accogliente da qualche parte, o nel proprio cuore, nulla è perduto.
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