I
giocatori di football americani durante l’inno nazionale: il significato di un gesto. Che ha una lunga storia nel cammino dell'uomo *
(ap)
Saper leggere i gesti può essere un buon modo per conoscere gli altri, capire
la loro sincerità e magari per stare alla larga da soggetti poco
raccomandabili. Forse anche smascherare un imbroglione sarebbe possibile
guardando come si comporta con noi, come reagisce alle parole o ai comportamenti,
anche se certo non basta il singolo gesto per cogliere in flagranza il
farabutto.
Il
linguaggio del corpo la dice lunga. E’ strumento di seduzione e fascinazione nelle relazioni amorose, serve
a intuire le qualità professionali nei rapporti di lavoro. Infatti manda segnali
di apertura o di chiusura, di disponibilità o di rifiuto, di provocazione o
persuasione. I movimenti corporei fanno da specchio al nostro stato d’animo e
alle nostre intenzioni.
Il
presidente Donald Trump deve essere stato consapevole di tutto ciò, quando ha
dato la sua interpretazione del gesto compiuto da tante stelle americane del
football (lo sport più popolare) durante la cerimonia, davvero molto
patriottica, che viene compiuta all’inizio delle partite, cioè l’ascolto
dell’inno nazionale, Star-Spangled Banner.
La
vicenda, assai nota, è stata ampiamente documentata e commentata sui media. Alcuni giocatori, in genere di
colore, si sono messi in ginocchio anziché rimanere in piedi, mentre
risuonavano quelle note. E’ stato detto: un segno di rivolta contro le
ingiustizie e le violenze ai danni della comunità nera e delle minoranze tutte,
un atto di disobbedienza civile contro un presidente che non ha mancato di
usare toni razzisti e di spregio verso quei soggetti. The Donald d’altra parte ha reagito con la
consueta eleganza stilistica qualificando quei giocatori come “figli di
puttana”, ed esortando i bianchi a cacciarli, trasformando dunque lo sport in
una frontiera di scontro sociale.
Il
fatto più singolare però è l’interpretazione di quel gesto secondo il
Trump-pensiero, cioè l’aver equiparato il fatto di mettersi in ginocchio con
una “mancanza di rispetto per il Paese, per la bandiera, per l’inno”.
Non
c’è bisogno di invocare qui l’ottica deformante delle post-verità, cioè delle
false rappresentazioni del reale, delle bugie ricorrenti su fatti storici e
avvenimenti del presente o del passato per illustrare quanto i processi
cognitivi possano produrre risultati alterati e fuorvianti, e causare giudizi privi
di senso. Basta semplicemente osservare le stesse immagini di quei giocatori, silenziosamente
e impassibilmente in ginocchio durante l’inno, per rimanerne sorpresi e
stupefatti. Una mancanza di rispetto quel gesto di inchinarsi appoggiando il ginocchio
a terra, a capo basso?
Pochi
comportamenti come la genuflessione sono così carichi di storia, di significati
ben radicati e univoci nella complessità del vivere umano. Porsi in ginocchio è
un gesto che va oltre il mero ossequio, indica riverenza e umiltà verso la
persona o l’oggetto davanti al quale ci si prostra, è persino un segno di
adorazione, esprime dedizione e riconoscenza verso chi è percepito più grande ed
importante di sé. Un significato mantenuto nei secoli, a partire dalla Bibbia
che attesta l’uso di piegare un ginocchio proprio in segno di sottomissione di
fronte ad altri, e quindi in primo luogo davanti a Dio: lo stesso Gesù pregò a
lungo “in ginocchio” nel Getsemani.
Lo
stesso gesto, mettersi o essere messo in ginocchio, può collegarsi naturalmente
a contesti molto diversi da quello dell’adorazione divina. Eventi naturali
catastrofici, uragani, terremoti, siccità “mettono in ginocchio” la gente, gli
allevatori, il mondo dell’agricoltura. Anche fatti economici gravi, come i
fallimenti, la globalizzazione, possono avere la stessa conseguenza, e
(metaforicamente) “mettere in ginocchio” aziende, famiglie, persone. Persino il
terrorismo di ogni latitudine e colore, dalle Brigate Rosse in Italia all’Isis
nel mondo, è associato indelebilmente ad immagini angoscianti e cruente di
vittime costrette ad inginocchiarsi davanti agli aguzzini.
Eppure
in ogni caso, non manca mai nel gesto quella dimensione della sottomissione e
della subordinazione sia spontanea che indotta, mentre ad esso non riesce proprio
di associare un significato di rivolta, di insubordinazione, di mancanza di
rispetto, come quello che gli ha attribuito Trump. È dunque del tutto
fuorviante, cioè falso, attribuire un significato offensivo ad un gesto che
nella sua dimensione esteriore e nel significato storico è di per sé umile e
ossequioso.
Certo,
la linea di differenza è rappresentata dal sistema di valori al quale si presta
deferenza, e Trump ha perfettamente intuito che quello dei giocatori neri, che
reclamavano rispetto e giustizia, non era certamente il suo. Ma qui, davvero, la
bandiera a stelle e strisce e le note di Star-Spangled Banner, a dispetto delle
arbitrarie associazioni logiche del presidente, devono essersi sentite soltanto
onorate, e non offese, da quel singolare gesto di silenzioso ossequio.
* Leggi anche:
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La
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