Una malattia, quanto
di buono si possa ugualmente trarre dalla vita
di
Marina Zinzani
(Commento a Il
bastone marrone, PL, 28/12/18)
Ho
oltre sessant’anni e mi hanno trovato una malattia, il medico dice che devo
camminare. Non l’ho presa bene, certe cose si sentono dagli altri, sono parole sconosciute
che diventano improvvisamente familiari. Anch’io nel club, quindi.
Ho
deciso: non mi perdo d’animo. Mi organizzo. Comincio con il dirmi che questo
suggerimento del medico lo devo seguire, dico a me stessa “bisogna farlo, cara
mia”.
E’
sabato e la giornata, pur un po’ fredda, ha un tiepido sole, è l’ideale per una
bella camminata. Arrivo al mercato a piedi, è da un po’ che non ci venivo.
Guardo, mi soffermo, cammino, cammino ancora, devo camminare, no?
Compro
qualcosa di buono per pranzo. Ma non voglio tornare subito a casa. Vado oltre
il mercato, arrivo anche alla biblioteca, entro e c’è un’ambientazione
raccolta, silenzio ma anche intensità, persone che cercano fra i libri,
cercano, cercano, e io mi unisco a loro, anche se non saprei cosa cercare.
Forse questo libro, una biografia, sembra interessante… Quando esco, penso che
il pomeriggio già inizio a leggere, il personaggio mi piace.
Ecco,
ora torno verso casa. Quanti chilometri ho fatto?
Una
volta ho letto che la malattia può essere un dono. Mettiamola così, mi sono
detta, un po’ perplessa. Non è un dono, questo è chiaro. Ma può essere una
possibilità, l’inizio per vedere qualcos’altro. Anche la capacità di tirare
fuori il meglio da una situazione che non è il massimo. E per vedere un
mercato, una biblioteca, per entrare attraverso un libro dentro la vita di
qualcuno, leggendo la sua storia.
Domani
altra camminata, altro percorso.
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