Pablo Picasso |
Rischiamo di perdere la nostra identità, in tanti modi. La vita sociale
e l’arte ci mostrano come
di
Marina Zinzani
Uomini
che sezionano le donne, la loro mente, fino a renderla confusa e frammentata. Uomini
che sezionano le parole delle donne, fino a renderle insicure di ciò che
dicono. Uomini che sezionano il valore di una donna, dividendola in corpo e
anima, in parti del corpo. Uomini che usano un coltello invisibile, che diventa
come un bisturi nelle mani di un chirurgo.
Si
potrebbe pensare a questo, quando si parla di violenza psicologica, quando la
vittima perde il sorriso, si spegne, non trova più i propri riferimenti, quella
che era, ciò che voleva, e il cervello diventa cosa manipolata, è colpa mia,
non è cattivo, lo farò cambiare.
La
sopraffazione ricorda i quadri di Picasso, in cui le donne venivano frammentate,
tagliati i loro volti, scomposti. Picasso diventa così un illustratore, un
interprete di una perdita della propria identità.
La
frammentazione avviene anche in altri luoghi, con altri soggetti. A volte è la
donna che cambia un uomo, a volte è un genitore che cambia un figlio, ne
frammenta i pezzi e l’altro poi passa anni, forse una vita a ricercarli, a
ricomporli. Il desiderio di prevaricazione nei sentimenti è cosa ambigua, che
può avere confini labili ed esiti disastrosi.
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