di Marina Zinzani
E così un’altra pagina di storia se n’è andata. I funerali del principe Filippo hanno chiuso un’era, funerali che hanno portato ad ammirare la sontuosità, la perfezione di una cerimonia preparata da anni dallo stesso Filippo, ma che hanno fatto sentire l’evento anche dal lato umano. Un funerale, una persona che non c’è più, un’altra che resta sola, i suoi cari che piangono il padre, il nonno.
Quando si parla di famiglia reale inglese sembra che gli argomenti scorrano a fiumi, diventando un oggetto di attenzione per i tabloid e per i sudditi, ma anche oltre confine. Sono stati sottolineati dei punti, su cui si è conversato, discusso, scritto.
Il web riporta una frase della regina Elisabetta: “Il dolore è il prezzo che paghiamo per amare”. In queste parole si può racchiudere la sensazione quasi di tenerezza per una donna rimasta sola. Una donna abituata a camminare sorridente accanto al marito, nei suoi vestiti colorati e con i suoi cappellini bizzarri.
E ora, in chiesa, è apparso quel quadro di una solitudine crudele, assolutamente crudele indipendentemente dal ceto e dall’età, e quel quadro diventa rappresentazione della precarietà, dell’ingiustizia, della condanna ad una separazione e a vivere soli in un futuro che non sarà mai più uguale, perché manca chi era sempre al proprio fianco.
Quel quadro di donna rimasta sola diventa icona di compostezza e di qualcosa di struggente. In pubblico c’è contegno, in altri luoghi il peso della solitudine è uno shock a cui è difficile abituarsi. E tutto questo, nella sua tragicità, è universale.
Si è parlato anche della spilla che la regina aveva sul cappotto nero, se poteva essere il simbolo di qualcosa: delegare ad un oggetto la manifestazione di uno stato d’animo, anche solo di un ricordo, di un momento lieto, di una ricorrenza.
I gioielli che si indossano in certe occasioni: sottolineano il particolare momento, sono rappresentativi, hanno un significato. Ad un anniversario la moglie si mette gli orecchini che il marito le aveva regalato, o una spilla preziosa, o indossa una collana anche di poco valore comprata in un luogo speciale, in un momento di felicità.
Ecco allora che gli oggetti parlano, e così è stata sottolineata la collana indossata da Kate Middleton appartenuta a Diana, quasi un manifestare la continuità delle tradizioni, l’appartenenza ad una famiglia anche con il cuore, perché Diana era stata molto amata, la gente la sentiva vicina.
I gioielli di una madre che vengono donati alla propria moglie: sono gesti che hanno un significato più ampio di una semplice tradizione di famiglia, sono la conferma che quella persona non si è dimenticata, che le sue cose, di poco o tanto valore non importa, sembrano farla vivere un po’. Oggetti appartenuti ad una persona che passano ad un’altra, e quel portarli è un gesto tenero, amorevole.
Qualcosa di una persona amata continua ad essere indossato, quella persona sembra più vicina, e gli si è fatto onore. Non sapremmo mai se Kate ha avuto pensieri simili nell’indossare la preziosa collana di Diana, ma gli osservatori hanno notato il gioiello, hanno suggerito un certo legame nel portarlo in quel momento, doloroso, solenne.
L’altra cosa sottolineata è che i due fratelli William ed Harry, lontani durante la cerimonia, alla fine hanno scambiato qualche parola, forse incoraggiati da Kate. Si sono scritti fiumi di inchiostro sulla Megxit, sul vivere negli Stati Uniti di Harry e Meghan, ma le risposte potrebbero riguardare anche le persone comuni. Le famiglie e le attese, l’anelito ad una libertà da costrizioni, l’affermare la propria individualità: non è la storia di tutti, ma di alcuni, spesso in ambienti altolocati.
L’operaio difficilmente ha problemi di questo genere, ha necessità più semplici, primarie. Eppure qualcosa di universale c’è anche in questa diatriba fra i fratelli: il ruolo di uno rispetto all’altro, il cercare di uscire da una gabbia, spesso di semplici aspettative ma che a tratti possono far soffocare, i contrasti latenti che possono esplodere per cose anche da poco.
Ma dietro ad un feretro ogni cosa diventa piccola piccola. La solennità non è solo lo scenario fiabesco, in questo caso triste, la solennità è anche lo sguardo al mondo, alle cose, alle persone che arriva solo in certi momenti, quando la morte è arrivata, ha sfiorato, ha toccato, e tutto sembra cambiare in un attimo. Si gira una nuova scena, e si è nudi. Il re è nudo. Ognuno di noi è nudo.
Nessun commento:
Posta un commento