di Marina Zinzani
È un momento di simbiosi con la natura, le margherite ci appaiono nel loro semplice splendore, si sta attenti a non calpestarle. E le viole fra le margherite ci fanno venir voglia di strapparne una e di respirare a fondo, per captare quel profumo che tanto ci ricorda quando eravamo bambini, meraviglioso. Ma non lo facciamo, la viola vive, deve vivere.
La natura, con gli alberi in fiore, l’erba verde, i glicini che adornano l’ingresso di case, magia di questo periodo nelle loro sfumature lilla, ci conforta, ci aiuta, sembra parlarci. Mancano i viaggi, la libertà, le persone che non possiamo incontrare, il piacere in quelle sfumature che ci hanno tanto accompagnato in passato dando un senso alla nostra vita, il progettare una vacanza, il decidere dei propri giorni, dove andare, chi vedere, inventarsi una giornata.
La viola ci osserva, nella sua breve vita risparmiata dalle nostre mani. Sappiamo cosa significa essere fragili, esposti, ora come non mai. Sappiamo avere pietà, compassione, anche di un fiore. Sappiamo di più sulla caducità, su ciò che può svanire in un attimo. Parlano al nostro cuore le piante, e gli alberi, e le viole e le margherite, e comprendono la nostra paura e la nostra malinconia, il guardare con rimpianto al passato, comprendono il nostro presente inquieto, in cui sembra chiara la sensazione di avere perduto qualcosa di prezioso, forse per sempre, e che niente sarà più uguale.
Ci aiuta con la sua bellezza la primavera, mista a numeri di morte. È un aiuto silenzioso, da andare a cercare, uno dei pochi che può lenire le nostre ferite, il nostro affanno, un balsamo prezioso a disposizione da sempre, di cui solo ora ne vediamo il valore. La bellezza e la morte, la bellezza in grado di sconfiggere la morte.
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