Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. (Luis Sepulveda)
Un anno fa moriva Luis Sepulveda, di Coronavirus. È passato un anno, e la sensazione di essere dentro il tunnel c’è ancora. Le incognite, che prendono il nome anche di varianti del virus, le incognite per la riapertura che tiepidamente ci aspetta, la chiusura forzata in casa, l’alterazione del modo abituale di vivere che ci fa guardare al passato come qualcosa di perduto, che non era poi così male, sono compagni di questo viaggio faticoso. Non previsto.
Un anno fa eravamo ancora inebetiti per quello che stava succedendo, ma c’era ancora la creatività per combattere questo evento che aveva alterato tutto. Quell’”andrà tutto bene” esibito come reazione oggi è diventato ricordo sbiadito, si vive un altro scenario. Come quell’infermiere che ha postato la sua foto e quella di un anno prima, evidenziando un invecchiamento improvviso, precoce, anche noi sentiamo di avere perduto qualcosa di prezioso. Un anno di vita. E ci sentiamo invecchiati precocemente.
Poi la vita non è fatta solo di ritrovarsi, di uscire, di aperitivi, di progetti di viaggi, questo si sa. E’ fatta di lavoro, di attività, di cose ben più pratiche. Tutti questi aspetti creano il vissuto dell’essere umano, il suo piccolo mondo che ha avuto uno scossone continuo, un’alterazione, con la paura di essere contagiati in sottofondo.
La stanchezza diventa prima di tutto mentale, e la pelle più spenta, i capelli più grigi, simboleggiano la privazione dell’aria aperta, il non vedere gli amici, il non pensare ad una vacanza come cosa vicina, che si decide anche all’ultimo, emozionante.
L’emozione perduta eppure la consapevolezza che bisogna ripartire: cercando di rialzarsi e di vedere la bellezza di una giornata di sole. Liberare la mente, alleggerirla. Aspettare l’uscita del prossimo film che ci attira, andare a vederlo al cinema. Il teatro e le sue meraviglie, la partecipazione ad un evento di cui si parla anche dopo.
L’uscire e il vestirsi bene, essere carini, curati. La conferenza di uno scrittore, arrivare presto, trovare posto a sedere. Un salto in pasticceria, due confidenze con un’amica davanti a dei dolcetti superlativi. Il cartellone che mostra un evento interessante, a cui si può andare. Un capo che piace nel negozio di vestiti, la ricerca della bellezza anche in queste piccole cose. La vita che abbiamo ancora, che tanti non hanno più. Il viverla. Viverla pienamente.
Arriverà sempre una ricompensa dopo la pioggia? Le nubi forse si stanno diradando. Ma noi dobbiamo tenere gli occhi bene aperti e vedere tutto, provare tutto, vivere a fondo.
Un anno fa moriva Luis Sepulveda, di Coronavirus. È passato un anno, e la sensazione di essere dentro il tunnel c’è ancora. Le incognite, che prendono il nome anche di varianti del virus, le incognite per la riapertura che tiepidamente ci aspetta, la chiusura forzata in casa, l’alterazione del modo abituale di vivere che ci fa guardare al passato come qualcosa di perduto, che non era poi così male, sono compagni di questo viaggio faticoso. Non previsto.
Un anno fa eravamo ancora inebetiti per quello che stava succedendo, ma c’era ancora la creatività per combattere questo evento che aveva alterato tutto. Quell’”andrà tutto bene” esibito come reazione oggi è diventato ricordo sbiadito, si vive un altro scenario. Come quell’infermiere che ha postato la sua foto e quella di un anno prima, evidenziando un invecchiamento improvviso, precoce, anche noi sentiamo di avere perduto qualcosa di prezioso. Un anno di vita. E ci sentiamo invecchiati precocemente.
Poi la vita non è fatta solo di ritrovarsi, di uscire, di aperitivi, di progetti di viaggi, questo si sa. E’ fatta di lavoro, di attività, di cose ben più pratiche. Tutti questi aspetti creano il vissuto dell’essere umano, il suo piccolo mondo che ha avuto uno scossone continuo, un’alterazione, con la paura di essere contagiati in sottofondo.
La stanchezza diventa prima di tutto mentale, e la pelle più spenta, i capelli più grigi, simboleggiano la privazione dell’aria aperta, il non vedere gli amici, il non pensare ad una vacanza come cosa vicina, che si decide anche all’ultimo, emozionante.
L’emozione perduta eppure la consapevolezza che bisogna ripartire: cercando di rialzarsi e di vedere la bellezza di una giornata di sole. Liberare la mente, alleggerirla. Aspettare l’uscita del prossimo film che ci attira, andare a vederlo al cinema. Il teatro e le sue meraviglie, la partecipazione ad un evento di cui si parla anche dopo.
L’uscire e il vestirsi bene, essere carini, curati. La conferenza di uno scrittore, arrivare presto, trovare posto a sedere. Un salto in pasticceria, due confidenze con un’amica davanti a dei dolcetti superlativi. Il cartellone che mostra un evento interessante, a cui si può andare. Un capo che piace nel negozio di vestiti, la ricerca della bellezza anche in queste piccole cose. La vita che abbiamo ancora, che tanti non hanno più. Il viverla. Viverla pienamente.
Arriverà sempre una ricompensa dopo la pioggia? Le nubi forse si stanno diradando. Ma noi dobbiamo tenere gli occhi bene aperti e vedere tutto, provare tutto, vivere a fondo.
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