di Laura Maria Di Forti
Le persone anziane accendono spesso il televisore. Non hanno molto da fare, gli altri che sono in casa fanno per loro tutto. Alla fine, i programmi televisivi sono una compagnia, un sottofondo che li aiuta a non sentirsi soli mentre gli altri vanno e vengono da casa, lavorano, puliscono e preparano.
Anche in casa mia il televisore è spesso acceso ora che in casa c’è una vecchia mamma. Preferisce i dibattiti, non i film che non riesce a seguire perché troppo veloci per lei che comprende con più fatica e poi non ci vede, e pertanto seguire trame complicate è difficile, troppo quando non capisci chi parla perché non distingui i volti.
Allora i programmi dove gli opinionisti dicono la loro talvolta senza neanche averne il diritto o le capacità, dove i giornalisti fanno a gomitate per avere la parola e dove gente senza titolo si improvvisa esperta di qualsiasi argomento, imperversano dalla mattina alla sera.
In questo periodo i divi sono gli immunologi e le trasmissioni dove si parla di pandemia sono innumerevoli. Settimana dopo settimana, giorno dopo giorno da più di un anno non si parla d’altro.
E poi ci sono i delitti, le scomparse, vecchie o nuove di zecca, le liti tra parenti, gli eccessi dei divi: questi sono le chicche che appassionano la platea plaudente. Davanti al televisore tutti diventano curiosi insaziabili, pettegoli inveterati, perfino guardoni.
Ma la cosa che più mi disturba è la televisione gridata. Pare ci sia una specie di gara tra le varie reti a chi invita di più personaggi border line, quelli che urlano, che fanno gli eterni scontenti, i criticoni, i bastian contrari. E i giornalisti sguazzano in queste “liti da condominio” e arroventano l’atmosfera troncando spiegazioni, urlando davanti alle telecamere e dando la parola ai più dispotici, quelli che, insomma, fanno salire l’audience alle stelle.
Mi domando quanto ci sia di veramente educativo in queste trasmissioni ideate e mandate in onda dall’oggi al domani, prendendo la notizia del giorno che fa più scalpore e dandola in pasto agli ascoltatori, ormai avvezzi a discorsi urlati.
Ricordo con nostalgia le trasmissioni del passato dove il telespettatore doveva essere informato, educato, indotto a guardare oltre il proprio orizzonte che, all’epoca, era molto spesso ancora limitato. E non parlo solo della trasmissione che ha insegnato a scrivere a migliaia di italiani e ai documentari sulla nostra bella Italia ma anche alle interviste a personaggi carismatici, veri intellettuali di razza, e alle commedie che sono entrate nelle case di tutti facendo conoscere la storia del teatro italiano e non solo.
Forse certe trasmissioni non si possono più fare, non abbiamo il tempo e la pazienza per certe cose, è vero, siamo insaziabili divoratori di sensazionalismi, di personaggi strani, sopra le righe, questa è la verità. Ma la televisione dovrebbe cercare di ridare alla gente il gusto del bello e il piacere della cultura, dovrebbe far crescere una generazione che non si limiti a scrivere solo con sigle o a pensare e fare come gli influencer, ma con la propria testa, avendo delle idee formate con informazioni corrette, sane, mostrate e non urlate, con l’esempio del passato, la storia che ci insegna a non ripetere gli stessi errori.
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