Padova |
La realtà che abbiamo vissuto tanti anni fa, ritornare a Padova
di Davide
Morelli
Sono una persona alquanto riservata e non
ho mai scritto niente della mia vita privata. Ora vorrei parlare delle mie
amicizie. Ogni tanto ripenso a ciò che è stato anche se nessun volto rimane
indelebile nella memoria. Amici ed amiche di un tempo non di rado affollano la
mia mente.
Ritorno indietro nel tempo con la mente e rivivo i miei vent'anni.
Tanto tempo fa. Mi ricordo ancora le loro fisionomie, le loro posture, i gesti
che li caratterizzavano. Non ho in mente esattamente tutte le loro parole, ma mi
ricordo bene i loro pensieri.
Mi ricordo ancora il nostro idealismo, la
nostra vana ricerca del giusto e del vero. Quei giorni vissuti tra manuali di
psicologia, lezioni universitarie, tramezzini al bar, sessioni di esame. Mi
ricordo ancora i miti, le chimere e le bandiere della nostra giovinezza. Le
notti trascorse assieme a bere, parlare e ridere, e delle albe vedute insieme.
La memoria però sappiamo anche che non è fedele e l’immaginazione è potente,
perché grazie ad essa è sufficiente una siepe per figurarsi l’infinito.
Bisogna ricordarlo sempre: memoria ed
immaginazione si confondono. La memoria non è un inventario, con cui si
cataloga tutto freddamente, ma è creativa. Così non sai mai effettivamente
quanto la tua fantasia ha aggiunto e quanto ha deformato quelle persone. Più
semplicemente viene da chiedermi: erano davvero così come li ricordo adesso? Un
tempo sembravamo indivisibili compagni di disavventure. Avevo instaurato con
queste persone rapporti duraturi di fiducia, di stima, di trasparenza e
sincerità reciproca. Tutto allora sembrava così disinteressato.
Ora mi chiedo spesso se quella sensazione
di sintonia non fosse illusoria e non fosse dovuta alla nostra giovane età. Tutto
cambia. Le situazioni si evolvono, in taluni casi c’è chi sceglie più o meno
consapevolmente la sua strada e in altri c’è chi non può decidere perché una
causa di forza maggiore prende il sopravvento. Purtroppo è rarissimo
condividere un’amicizia quando ci si accorge che si è ormai troppo lontani e
che non si ha più molto da spartire.
Ogni tanto mi chiedo cosa faranno adesso
amici ed amiche di un tempo. Che farà adesso Maria, che voleva umanizzare il
mondo e cercava di diffondere il messaggio anche alle persone più indifferenti,
che passavano nelle vie del centro a Firenze? Si sarà sposata, avrà dei figli e
avrà abbandonato i suoi ideali definitivamente? Che farà adesso Silvia con cui
facevo discussioni interminabili e dialoghi sui massimi sistemi? Avrà trovato
l’uomo che cercava? Uno che le garantisse una certa agiatezza economica? Che
cosa starà facendo ora la ligure Giovanna, che riusciva a far innamorare tutti
allora e voleva rimanere libera? Gli anni avranno tolto qualcosa al suo volto
oppure è ancora in grado di catturare gli sguardi degli uomini?
Con Annachiara e Luca sono ancora in
contatto. Ogni tanto ci sentiamo per telefono. Recentemente sono anche andato a
trovare Luca. Sono andato col treno. Lui mi è venuto a prendere alla stazione
di Certaldo. Abbiamo parlato dei tempi andati. Da Annachiara e Luca riesco ad
avere qualche notizia di amici ed amiche di un tempo. Ma non di rado quando
chiedo loro se sanno qualcosa di questa o quella persona mi rispondono che non
la sentono da anni.
L’anno scorso d’estate ho soggiornato a
Padova, città in cui mi sono laureato in psicologia. Volevo osservare
minuziosamente come era cambiata in questi anni. La cosa che mi interessava di
più non era apprezzare la bellezza della città, di cui tutti siamo consapevoli.
Era ritornare in certi luoghi e vedere come il tempo aveva cambiato la
fisionomia delle cose. Mi sono reso così conto che la vecchia e familiare
osteria in cui andavamo a bere il fragolino aveva chiuso i battenti ed era stata
sostituita da un bar ipermoderno. In piazza del Capitaniato in cui sostavamo
spesso non c’era nessuno.
Padova era significativamente diversa rispetto
ad un tempo. Il comune aveva dato il permesso a tutti i bar del centro di
invadere con i loro tavolini le piazze e le comitive di studenti ora si riunivano
comodamente seduti davanti ad uno spritz. Sono passato più volte da piazza
delle Erbe e da piazza della Frutta, separate dal Palazzo della Ragione, un
vero capolavoro per le sue arcate e le sue logge. Mi sono messo a sedere sulle
scalinate dell'attigua piazza dei Signori, dove un tempo si accalcavano molti
studenti ed invece in quel momento erano deserte. Ma il mutamento radicale era
che c’erano altre comitive, altri giovani.
Ogni città è una città prospettica, è
infinite città interiori. Passeggiare per Padova e non trovare più nessun
amico, mentre un tempo mi bastava girare l’angolo per imbattermi in un volto
familiare, era il segnale inequivocabile che una stagione della vita era finita
e che mi stavo incamminando verso la maturità. Così passeggiavo per le vie del
centro e tutti quei volti mi erano indifferenti ed estranei, ed io ero indifferente
ed estraneo a loro.
Ho continuato a camminare per le vie del
centro e sono andato anche davanti a certi appartamenti, che un tempo erano
abitati dai miei amici e mie amiche, che li dividevano con altri studenti.
Nella mia agenda sono rimasti i numeri di telefono di questi appartamenti. Ma
so bene che, anche se non sono cambiati i numeri, non basterà più digitarli al
telefono per sentire le loro voci dall’altra parte. Ci saranno altre voci di
coloro che adesso sono studenti e giovani. Ma in fin dei conti per tutti è
così. Per tutti indistintamente.
Nessun commento:
Posta un commento