La paura del Covid ci ha imposto molti divieti, è stato pesante rinunciare ai gesti di amicizia e vicinanza
di Laura
Maria Di Forti
In
questo momento drammatico che il mondo intero sta vivendo sono tanti i
sacrifici fatti e che ancora dobbiamo fare.
E non parlo solamente delle
mascherine che dobbiamo indossare nei luoghi chiusi, della paura che ci assale
quando vediamo tanta gente per strada o sulle spiagge o del terrore che
proviamo pensando che in autunno dovremo fare i conti con il resoconto della
crisi economica e con lo spauracchio, per alcuni virologi quasi certezza, di un
nuovo contagio.
Parlo
anche di tutti gli abbracci che non abbiamo dato.
Abbiamo
dovuto imparare a non dare la mano quando incontriamo qualcuno, gesto da sempre
ritenuto amicale, ereditato dai tempi antichi e dettato per rassicurare l’altro
della nostra non belligeranza, abbiamo appreso, e con fatica, a non abbracciare
gli amici, a non baciarli sulla guancia, insomma, abbiamo imparato a mostrarci
fermi, senza slanci emotivi che ci fanno sembrare degli eterni adolescenti.
Noi
italiani, si sa, abbiamo bisogno di manifestare il piacere nell’incontrare un’amica,
una persona che non vediamo da tempo, una persona anziana che ci fa tenerezza.
Siamo latini, e come noi gli spagnoli e i francesi, che forse gesticolano più
di noi e più di noi fanno smorfie con la bocca.
Diventeremo
tutti come i popoli del nord, freddi e compassati. Certo loro, in questa
contingenza, non hanno dovuto cambiare troppo le loro abitudini. Non si
abbracciavano prima, figurarsi ora!
E
poi ci sono i parenti lontani che lontani sono rimasti perché non possono
venire a trovarci. Io ho una figlia sposata con un bambino piccolo che non vedo
da un anno. Abitano in Vietnam, che è lontano lontano, quel lontano delle
favole tanto per intenderci, in un paese che poco conosciamo e che per
raggiungerlo ci vogliono ore e ore di volo. Mio nipote è cresciuto, ha compiuto
due anni, e sono ormai undici mesi che non lo abbraccio, non lo vedo crescere,
non lo accarezzo, non mi godo i suoi progressi, in un’età in cui i progressi
sono quasi giornalieri.
E
per fortuna ci sono i mezzi di telecomunicazione che ci consentono di parlarci
e vederci, ma la sua testolina bionda è così piccola e la sua vocina perde di
intensità. A tu per tu, è tutta un’altra cosa! Per lui, ora, noi che viviamo in
Italia siamo delle immagini in movimento che saluta con la manina. È molto più
attratto dall’ancora più piccola immagine di se stesso all’angolo del
cellulare, perché a quell’età il se stesso allo specchio è molto intrigante.
Per
fortuna il prossimo anno è previsto il rientro in Italia e almeno per un paio
di anni me lo potrò godere e sarò testimone del suo crescere. Poi, ci saranno
altre mete da raggiungere, certo, altri paesi in cui andare a vivere per
qualche tempo, in una girandola continua. Ma speriamo che, per quell’epoca, non
ci siano pandemie e che si possa viaggiare tranquilli e raggiungere i propri
cari in tranquillità.
E, a
proposito, attenzione ancora ai contagi, rimandiamo gli abbracci a quando
saremo più sicuri!
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