Nel giorno della Liberazione, un tributo alla memoria. Nella tragedia degli anziani
deceduti per il Covid-19, il pericolo di smarrire ricordi ed esperienze
di Marina
Zinzani
Il 25 aprile non è solo la
giornata della Liberazione, ma si può pensare che sia anche un giorno della
memoria.
La memoria di quello che è
accaduto allora è conservata da chi quel giorno l’ha vissuto, gioendo per la fine
di un lungo, terribile incubo. Una memoria che appartiene alle persone anziane.
Una memoria che si è molto assottigliata ora, a causa del coronavirus.
La strage degli anziani
nelle RSA ha portato a perdere un patrimonio di ricordi, di fatti anche dolorosi,
inenarrabili. Ma questi fatti sono stati anche il germe per un processo
collettivo di rinascita, su cui si è basata la ricostruzione del Paese nel
dopoguerra. Molti di quei ricordi sono scomparsi, perché le persone che le
conservavano non ci sono più.
Chiusi dentro camere linde,
pulite, le loro giornate regolate da orari, il personale efficiente, a parte
qualche caso in cui questo non è accaduto, questi anziani hanno sofferto in
modo indicibile nell’ultimo periodo della propria vita. Isolati, senza contatti
con l’esterno, con il mondo lasciato là fuori, fatto di figli, nipoti, quel
mondo amorevole che ha sostenuto la loro vita, questi anziani hanno conosciuto
un cammino che sembra purtroppo assurdo, in base a notizie che stanno ogni
giorno emergendo. La perdita del contatto prezioso che li teneva in vita. In
nome di non si sa cosa.
Possiamo immaginare un
anziano che ha fatto la Resistenza, che è sempre stato in prima linea. Possiamo
immaginare la sua vita di ricostruzione, la prima auto comprata, la televisione,
la moglie che lo ha amato e accudito per cinquant’anni, i figli che ha tirato
su con mille sacrifici, e quel calore che non lo ha mai abbandonato.
Possiamo immaginare la sua
indignazione, durante gli anni, di fronte agli scandali del Paese, quella
ricostruzione ha portato tante cose marce, e alla fine il disinteresse di tanti
verso la politica.
Possiamo immaginare il suo
disincanto maturato negli anni e allo stesso tempo il credere fermamente che è
cosa preziosa la democrazia, che la Costituzione è stata creata nei luoghi dove
sono morti degli innocenti, è lì che si è creata, come diceva Piero Calamandrei
(“Dovunque è morto un italiano
per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero,
perché lì è nata la nostra Costituzione”).
Possiamo immaginare che
l’anziano fosse impreparato ad un evento assurdo, imponderabile come questa
pandemia. Nessuno era preparato. Ma lui è stato più fragile degli altri, e
l’essere chiuso dentro una RSA, senza il vero conforto quotidiano di un figlio,
senza la condivisione anche delle preoccupazioni, le attese dei bollettini, la
speranza che abbiano trovato un vaccino, senza la condivisione prima di tutto,
l’ha resto così vulnerabile.
Possiamo immaginare la sua
solitudine e il suo dramma silenzioso, e anche il dolore di chi stava fuori e
non sapeva cosa accadesse, impossibilitato, e non si sa perché, a contattarlo.
La memoria perduta diventa perdita
un po’ di tutti. Piano piano si perderanno i ricordi di un’epoca, è naturale.
Ma in questo caso risulta così traumatico e assai poco naturale tutto.
In memoria di chi non ha
potuto esserci questo 25 aprile, e avrebbe avuto ancora tante cose da
ricordare.
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