Piazza dei Miracoli (foto ap) |
Era accaduto molte rughe prima e faticò a riconoscerlo: meglio cancellare
quel ricordo
di Cristina
Podestà
Seria e riservata, non aveva più nulla della antica lucentezza di un
tempo. Appariva opaca nell’incedere incerto e banale, nulla a che vedere con
l’andatura baldanzosa e sicura di allora. Le rughe solcavano il viso appassito,
sfiorita nella nullità del suo egoismo.
Lui voleva andarle incontro e salutarla, quasi a rendere omaggio a
fantasmi lasciati e scordati nella gioventù. Poche parole tra loro, allora.
Molto non detto, solo un appassionato viaggio in un privilegio che è la
giovinezza. Si fece coraggio e le andò incontro.
Lei faticò a mettere a fuoco il suo volto. Ma il sorriso di lui lo tradì.
E un colpo al cuore la colpì come un dardo infuocato. Era proprio lui!? Dopo
tanti anni! Che ci faceva lì? Lui le rivolse parole semplici e imbarazzate, un
susseguirsi di “Scusa, non volevo, avevo impegni gravosi, una famiglia pesante,
un lavoro promettente, una guerra promessa se ti avessi seguito”.
Si erano seduti sull’ erba di Piazza
dei Miracoli a Pisa. Le guance di lei solcate da lacrime silenti, rosse per
l’emozione, la voce che non usciva. Non parlava, ascoltava e basta. Lui
proseguiva nelle giustificazioni e nelle scuse e più parole emetteva più lei
singhiozzava.
“Ho provato a cercarti”, insisteva lui, “per darti spiegazioni efficaci e
convincenti, perché tu potessi dimenticare e tu potessi guardare altrove,
avanti”. Un passante li osservava curioso, assistendo a una scena d’amore
tardivo, a un sommesso e forse sgarbato tentativo di riconciliazione.
“Ho provato a cercarti”, insisteva la voce dell’ uomo che continuava a parlare
da solo. Lei, testa china, non una favella, non un cenno. Soltanto lacrime. Cosa
aveva perduto alla fine? Nulla in realtà, un amorazzo giovanile e insulso,
oggi, ieri un amore assoluto e totalizzante.
Piangeva la donna, piangeva i suoi anni perduti. Non lui. Non più. Si
fece forza, superato l’impatto della sorpresa! Lo guardò fissa negli occhi e la
voce arrivò stentorea e sicura:
“Carissimo, non ti sto piangendo o rimpiangendo, non ora, non più. Piango
me stessa, ho rincorso un vuoto sogno fatto di niente, alimentato solo dal mio
pensiero. Ti vedo, adesso, per ciò che eri, per chi sei, perfino lontano dal
mio ideale, sei sciocco, la tua voce è addirittura cacofonica”.
Sorrise alfine, alzandosi in piedi, scrollandosi di dosso quell’amore mai
vissuto, una noia adesso. Soddisfatta di sé lo ringraziò per aver cancellato il
dolce ricordo con la sua attuale sgradevole presenza, lo salutò e riprese il
suo cammino.
Lui restò pietrificato e il passante, tra sé e sé contento per il sorriso
contagioso della donna, aprì la porta del bar ove era diretto per il caffè del
pomeriggio.
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