Aspettare che l’epidemia da Covid-19 passi. Intanto, si corre a perdifiato, si attraversano laghi e
monti, si scorrazza per le città, si incontrano gli amici. Con la fantasia
di Laura Maria di Forti
Io aspetto. Aspetto che tutto finisca
ricomponendosi nello stesso quadro d’inizio. Aspetto di poter uscire senza
l’angoscia di essermi avvicinata troppo alla signora col bambino in braccio, al
vecchietto che attraversa la strada o alla ragazza in fila alla cassa. Aspetto
di camminare senza mascherina e senza guanti, di sorridere ai passanti senza
tema di essere per loro un pericolo.
Io aspetto. Aspetto che il sorriso ritorni sulle
facce perse, demoralizzate, angosciate della gente, aspetto di camminare per le
vie del centro città, di prendere l’auto e arrivare fino al mare. Io aspetto.
Con pazienza, ubbidiente, consapevole che non ci sono alternative.
Ma…
Ma il mio cuore scalpita come un cavallo
imbizzarrito, brontola come una vecchia comare, gorgoglia come una pentola
fumante, corre a perdifiato valicando valli e monti, attraversando fiumi, laghi
e oceani, sale e poi scende in un continuo e irrefrenabile ritmo che sa di
spasmo, di incontenibile voglia di muoversi, vedere, gioire, evadere. Sì,
evadere, con quella stessa spasmodica ansia che solo un prigioniero prova.
Io aspetto, certo. E, al contempo, con la mente
corro a perdifiato in un giardino fiorito di rose carnose, lantane gialle e
arancioni, plumbago azzurro e gelsomino profumato. Corro verso un orizzonte
fiammante di rosso in un cielo che si colora di luce dopo il nero notturno,
corro allietata dai versi della cinciallegra e del fringuello, mentre il merlo
e l’usignolo intonano i loro cinguettii simili a richiami d’amore.
Forse è questo che ci manca. Più ancora della
libertà, è la vicinanza con le persone, il loro sorriso, il calore della loro
presenza. Le strade vuote sono angoscianti. Ormai, siamo abituati ad un mondo
popolato e popoloso, a strade in movimento continuo, suoni diversi di un viavai
forsennato, certo, ma anche ricco, straripante di richiami, grida, risate,
ricolmo di bambini urlanti all’uscita di scuola, di uomini e donne operose, di
anziani che piano percorrono il loro cammino con l’audacia della loro volontà
di esserci, ancora e ancora.
Ma per adesso, niente di tutto questo. Solo vie
silenziose, un’auto che sfreccia impunemente, qualche passante costretto ad
uscire per la spesa o per far passeggiare il cane, unico animale che dà al
padrone questa incombenza, ora divenuta forma di libertà. Io aspetto. Ora,
aspetto ancora.
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