Il vecchio armamentario della politica non serve contro il Covid-19. Per giustificare
limitazioni della libertà, un solo criterio: la coerenza con lo scopo di sconfiggere il coronavirus
di Teodoro Klitsche de la Grange
Da quando
si è profilata l’emergenza sanitaria da Covid-19, la celebre affermazione di
Carl Schmitt “sovrano è chi decide dello stato di eccezione” è stata ripetuta
tante volte e in modo bipartisan,
dalla destra alla sinistra. Qualcuno l’ha fatto – come sempre nelle
affermazioni politiche – per sostenere
più poteri al governo che alle regioni (per lo più a direzione politica
avversa) altri per diverse ragioni.
Ricordiamo quanto scrive Schmitt, e ancor più il suo allievo Ernst Fortsthoff, sul carattere delle “misure” che il sovrano (o comunque i poteri pubblici) prendono in casi di emergenza.
Ricordiamo quanto scrive Schmitt, e ancor più il suo allievo Ernst Fortsthoff, sul carattere delle “misure” che il sovrano (o comunque i poteri pubblici) prendono in casi di emergenza.
Sostiene
Forsthoff che tali misure vanno ricondotte al concetto di “provvedimento”.
Citando Schmitt scrive che è tipico del provvedimento «che il procedimento sia
determinato, nel suo contenuto, da un dato
di fatto concreto e sia completamente permeato da uno scopo obiettivo».
Perciò contrappone il provvedimento alla decisione emessa nella dovuta forma di
un regolare procedimento ed alla norma di legge, «se essa esprime
essenzialmente un principio di diritto, cioè se essa vuole essere soprattutto giusta, permeata dall’idea di diritto».
Caratteristica
del provvedimento è una specifica relazione tra mezzo e scopo. Il provvedimento
è diretto ad un determinato scopo, A questo scopo sono adattati e subordinati i
mezzi che sono usati per il suo raggiungimento mentre “la sentenza giudiziaria
in quanto è presa «in base al diritto» sta al di sopra della adeguatezza allo scopo e del perseguimento di esso, che
distinguono il provvedimento”; mentre nella legge scopo e idea di giustizia
sono ambo presenti.
“La norma
giuridica può essere creata per regolare un rapporto della vita in modo adeguato, cioè in conformità ad uno
scopo ed in corrispondenza alle idee correnti di giustizia. Una tale legge, nel
suo complesso, è sottratta alla
determinazione di uno scopo, poiché contiene
in se stessa un valore”. Quindi “L’ordinamento non è mai solo mezzo a scopo, esso ha un proprio valore”. Lo scopo,
che in altri atti giuridici ha un ruolo di comprimario o subordinato, nelle
misure d’eccezioni è determinante; l’idoneità delle stesse è commisurata alla
congruità a conseguire lo scopo.
Ne
consegue che la “tavola dei valori” o “le idee di giustizia” che informano ogni
ordinamento sono qui subordinate. Il perché è chiaro: allorquando è in gioco
l’esistenza e/o beni pubblici essenziali come la vita, la sicurezza collettiva,
il resto, come l’intendenza di Charles De Gaulle, segue. Dov’è che le misure hanno la
propria validità e legittimità? La prima nell’essere adeguate allo scopo
(“razionali rispetto allo scopo” avrebbe scritto Max Weber), la seconda
nell’essere prese da un’autorità che goda di fiducia e largo consenso.
In questo
senso la vicenda del coronavirus è iniziata proprio male. Ai governatori
leghisti delle regioni del Nord (Attilio Fontana, Luca Zaia) che chiedono di
mettere in quarantena gli studenti, di qualsiasi nazionalità, provenienti dalla
Cina, il segretario Dem replicava “Allarmismi ridicoli… il governo ha già
sospeso i voli provenienti dalla Cina, dunque non si capisce come i bambini
possano arrivare” (fonte “Il Messaggero”); e una loquace deputata Dem “i
governatori fomentano panico e intolleranza”; la Ministra Lucia Azzolina “Il
governo si è mosso immediatamente e voglio tranquillizzare tutti perché la
propaganda non fa assolutamente bene: non ci sono motivazioni al momento per pensare di escludere gli alunni dalla scuola”
(fonte: “Il Messaggero”).
Il
Presidente Giuseppe Conte, forse per non essere tacciato di sovranismo, rimanda
tutto a prèsidi e primari “Ci dobbiamo fidare delle autorità scolastiche e
sanitarie, se ci dicono che non ci sono le condizioni per il provvedimento in
discussione invito i governatori del nord a fidarsi di chi ha specifica
competenza”, senza porsi il problema di cosa succede se i prèsidi e i primari
non avessero la stessa opinione (dato il numero è impossibile che ne abbiano
una condivisa da tutti).
È chiaro
che tutte queste affermazioni erano condizionate dalla ideologia e dalla lotta
politica: accoglienze e frontiere aperte versus
sovranismo e frontiere chiuse. Cioè erano proprio il contrario di quello che
una misura d’emergenza deve essere. Il fatto che (almeno) dai tempi di Giovanni
Boccaccio e della peste nera è noto che l’isolamento è un efficace strumento di
riduzione del contagio e che il virus se ne impipa delle divisioni politiche ed
ideologiche, così come i mezzi per combatterlo; l’agente patogeno non è
antifascista o anticomunista, ma semplicemente (e banalmente) pericoloso come
terremoti, inondazioni (e altro).
Resta il
fatto che dopo poche settimane Conte ha chiuso province, regioni, scuole e, da
ultimo, tutta Italia dimenticandosi di governatori, presidi e primari:
probabilmente ha fatto bene, ma ci sono volute – per farlo - diverse settimane
nelle quali il coronavirus non ha trovato ostacoli, o ne ha trovati meno.
E rimane
il problema della fiducia che può ispirare ai cittadini una maggioranza ed un
governo che fa di una questione essenzialmente “tecnica” (nel senso indicato)
una faccenda politico-ideologica: sarebbe meglio che facessero tesoro
dell’intera lezione di Schmitt e Forsthoff (e Weber) sul punto.
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