L'affetto, nonostante i comportamenti di lui. Disinteresse, scatti, e
infine le botte che ti mandano in ospedale. Da
cui forse sperare di ripartire
di Cristina Podestà
Carlotta si svegliò di
malumore. Non capiva bene dove si trovasse; percepiva solo un malessere diffuso
in tutto il corpo, con le voci intorno che la infastidivano. Dove era? Poi,
improvvisamente, una cosa agghiacciante! La memoria ripartiva e rivedeva il
compagno addosso a lei, con un ghigno violento e terribile, con un coltello.
Cercò di alzarsi, non
riuscì anzi, qualcuno le toccò una mano dicendole parole di conforto. La mente
impastata, gli arti impotenti. Sopraffatta dalla stanchezza si lasciò andare al
sonno.
Le mattine d’estate in
zone di mare hanno un sapore diverso. Di luglio, profumano di sale e di mare,
di sole e di arselle, di pesce, di gioia, di vita.
Nell’aria tersa il
colore del sole si sposa col cielo, la temperatura è gradevole nelle sere a
passeggio per la Marina. Le sere di luglio sono cariche di salmastro e di gran
confusione festosa, le notti fresche.
Carlotta era
tranquilla. Non felice, tranquilla. Ma lui la preoccupava in quella sera di
luglio, lui la tormentava con la sua ossessione, con la sua gelosia. Perché?
Lei non sapeva
spiegare questo atteggiamento, venuto fuori di colpo da poco tempo, talmente
poco che ancora faceva fatica a crederci. Perché?
In fin dei conti
Carlotta era buona e remissiva, non dava adito a fraintendimenti, era chiara e
lucente, sensibile e sincera. E lo amava moltissimo.
Ma in quegli ultimi mesi
lui era teso, la riprendeva per nulla, le stringeva le mani fino a farla
lacrimare, la tormentava con le scuse più banali, la sgridava urlandole contro.
Carlotta non capiva. Subito dopo lui si calmava, le chiedeva scusa ed era certa
che la amasse quanto lo amava lei.
Era nervoso, per il
lavoro, forse. Era stanco e questa era la sua reazione.
Le amiche le suggerivano
di prendersi un po’ di tempo per riflettere sulla loro relazione ma Carlotta
non ne voleva sapere. Forse sì, da quando convivevano Franco aveva spesso
questi scatti d’ira, cose che prima non erano mai successe. Ma si sa, la
convivenza è dura per tutti.
Quella sera era
tornato a casa prima, alterato, assolutamente intrattabile. Carlotta non
capiva. Si era avvicinata e lui l’aveva respinta con uno schiaffo, come spesso
capitava da un po’. Lei aveva battuto lo zigomo contro la libreria e lui l’aveva
aggredita urlandole contro che lei doveva capire, lasciarlo in pace e che se
ora sanguinava lo aveva provocato lei.
Fu un attimo; Carlotta
prese la borsa, il cellulare, una sciarpa ed uscì. La raggiunse nel portico: trascinandola
per i capelli la riportò dentro con violenza inaudita e cominciò a picchiarla
con foga, urlandole contro, sbattendo la sua testa sul pavimento, brandendo un
coltello.
La porta rimasta
aperta la salvò. I vicini in giardino accorsero chiamando la polizia. Ma
Carlotta non sentiva già più. Con una folle corsa in ambulanza arrivò al Pronto
soccorso in condizioni critiche.
Ora si era svegliata e
aveva messo a fuoco il suo dramma. Ma era viva ed era salva, perché Franco era
stato portato via dai poliziotti. Attorno aveva i suoi affetti e i medici che
la sostenevano. Era al sicuro.
Avrebbe voltato
pagina, sarebbe tornata a vivere e avrebbe ricostruito qualcosa di buono. Commossa
e serena adesso ringraziava chi la aveva aiutata a sopravvivere, era fiduciosa
per il suo futuro e per ciò che di bello le sarebbe accaduto, come era giusto e
si meritava. Chiese del the.
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