La vita umana rappresentata
dalla breve avventura di un piccolo fiore
Quasi una fiaba giapponese
di Marina Zinzani
di Marina Zinzani
C’era
un fiore, in un vaso, che stava appassendo. Allora la donna lo prese fra le
mani. Pensò che avrebbe perduto i suoi petali, molto presto. Era un fiore
giallo, con dei puntini neri, disegno grazioso della natura.
La
donna appoggiò il fiore sul tavolo, sentiva il suo cuore battere: senz’acqua,
senza linfa, se ne sarebbe andato. Sembrò che il fiore le parlasse: “E’ triste
andare via”.
Un
tempo quel fiore era stato grazioso, di una bellezza non evidente, che pochi avevano
notato. Ma la donna sentiva che quel fiore racchiudeva in sé tutta la bellezza
del mondo.
Sul
tavolo, le gocce d’acqua con cui si era abbeverato.
Era
andata a trovare la nonna, non stava bene da tempo. Il mattino dopo la donna si
svegliò, e ricordò il sogno che aveva appena fatto: un fiore sfiorito, e poi,
su, in alto, su un mobile, un altro fiore che stava nascendo. Il suo corpo era
stranamente rilassato.
Andò
in cucina, e bevve un bicchier d’acqua. Poi si accorse del fiore. Il fiore che
le aveva parlato era appassito. Forse la notte, forse la sera prima aveva
cessato il suo cuore di battere. Prese il fiore fra le mani, fiore triste ed anima triste. Fu allora
che suonò il telefono. Anche il cuore della nonna aveva cessato di battere,
nella notte.
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