E’ una bella signora, con qualche
ruga ma ancora in gamba. Ha sorretto il Paese nella ricostruzione del
dopoguerra, nella conquista di diritti civili, nella lotta al terrorismo e alla
mafia. Ora la sfida più importante, il profondo rinnovamento delle istituzioni e delle strutture sociali. Il richiamo ai valori fondanti della Carta è oggi essenziale per realizzare
quest’obiettivo
di Angelo Perrone
Risale alla notte dei tempi
l’idea di una legge scritta. Incisa faticosamente nella dura pietra. Vergata da
mani sapienti su preziose pergamene. Battuta a macchina sulla comune carta.
Digitata sulla tastiera del computer ed infine affidata a supporti magnetici di
silicio, nuovo spazio privilegiato della conservazione della parola scritta.
Un percorso infinito, per realizzare
il medesimo obiettivo. Vincere la precarietà del tempo, e l’incertezza delle
fragili consuetudini, supplire alla troppo corta memoria umana, affidare le regole
del vivere civile a qualcosa di più duraturo del breve spazio della singola
vita, attraverso il lascito giuridico del sapere antico alle nuove generazioni.
Di tutt’altra dimensione temporale, la Costituzione
della Repubblica italiana.
Era appena il 27 dicembre 1947
quando il capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, firmò
il testo della Carta, poi entrata in vigore il 1° gennaio successivo.
Settant’anni da allora. Una storia tanto breve, a confronto della narrazione
giuridica iniziata – in Italia – millenni addietro con il diritto romano, da
consentirci di guardare ad un passato che può definirsi addirittura recente e
di scorgerne le radici culturali e storiche.
Nella formazione dello Stato, il
lungo cammino del potere si è incrociato con il percorso delle persone, prive
dapprima di diritti, poi maggiormente consapevoli e pronte a lottare per l’
affermazione concreta delle loro ragioni. Gli uomini e le donne non sono più
sudditi del sovrano assoluto, ma cittadini di uno stato moderno e democratico.
Lo stesso potere statale, necessario e legittimo, è comunque investito dalla
sovranità popolare, e oggetto di una disciplina che ne limita l’estensione
rispetto ai diritti del singolo.
La storia costituzionale italiana
ha tratto origine dai moti liberali dell’800, e dal risorgimento,
concretizzandosi dapprima nello Statuto albertino del 1848 e poi nel testo
della vigente Costituzione repubblicana di un secolo dopo, all’esito della decisiva
lotta antifascista in nome della resistenza alla barbarie e all’assolutismo.
Una storia permeata dalle più
importanti tradizioni culturali italiane (liberale, cattolica, socialista) che,
attraverso i loro rappresentanti, hanno saputo raggiungere punti di equilibrio
irrinunciabili nel testo della Costituzione italiana. La prima e più elevata
fonte di diritto in un sistema, come quello italiano, di civil law.
A distanza di alcuni decenni, è
ancora sorprendente per l’acutezza della sue enunciazioni, e per la sua
“capacità espansiva” di fronte ai tanti mutamenti sociali. Perché idonea,
soprattutto nella parte prima dedicata al complesso dei diritti dei cittadini e
dei doveri verso la società, a costituire una bussola imprescindibile nella
lettura dei cambiamenti sociali e nella predisposizione di soluzioni
praticabili.
Sorprende che in una cultura
collettiva scandita dal ritmo di anniversari di vario genere, importanti o
meno, il compleanno della Carta possa trascorrere decisamente sotto tono. Un
segnale da non sottovalutare perché indicativo di una distanza tra la vita
politica di oggi e le radici della nostra esistenza di cittadini liberi.
Oggi i rapporti tra vita e
tecnica, tra spazio e tempo, tra potere e diritti, tra sopravvivenza e crescita
impongono al diritto, nell’era della globalizzazione in cui possono consumarsi
clamorose rotture e maturare novità imprevedibili, un vasto ripensamento.
L’equilibrio tra politica,
economia, vita sociale, lavoro e istituzioni è stato spesso forzato sino a
sgretolarsi, smarrendo forza, proporzione, persino dignità. La società è
lacerata da diseguaglianze e discriminazioni, e soprattutto dalle conseguenze
di una crisi economica lunga e profonda, per lo più a danno delle nuove
generazioni per le quali il futuro è precario ed incerto, o dei più deboli, la
cui condizione rischia di diventare sempre più misera.
La vigilia delle ormai imminenti
elezioni politiche generali si accompagna ad una profonda preoccupazione, per i timori di ingovernabilità
del paese, a causa di una legge elettorale di tipo proporzionale che
inevitabilmente favorisce la frantumazione del quadro politico, e la contrapposizione
delle forze a danno della coesione e della ricerca di convergenze su programmi comuni.
Il tentativo di una riforma delle
istituzioni, nel segno dello snellimento delle procedure di governo e della semplificazione dei rapporti Stato-Regioni, si è arenato completamente dopo
l’esito negativo del referendum del 4 dicembre 2016 quando fu bocciata dagli
italiani la
legge costituzionale voluta dal governo Renzi: da allora, archiviato quel
progetto, quale che ne sia il giudizio, si è anche colpevolmente abbandonato
del tutto ogni tentativo riformista.
E’ paradossale poi che
l’anniversario di una Carta nata dalla lotta antifascista cada in un momento in
cui si assiste alla recrudescenza di gesti inneggianti al fascismo, alla
diffusione di gruppi responsabili di intimidazioni verso la stampa, o verso le
associazioni che si occupano di migranti, e infine ad una pericolosa
infiltrazione nel tessuto sociale sfruttando disagi, povertà, e assenza delle forze
politiche democratiche.
Una situazione pericolosa nella
quale sembra smarrita la memoria collettiva della contrapposizione tra fascismo
e antifascismo, ormai custodita soltanto dai pochi, la cui vita è rimasta
segnata dal peso tragico di quegli anni tremendi.
Eppure, alla fine, pur nella consapevolezza
di tutti i limiti, ciò che rimane da tutelare e da valorizzare è il progetto ispiratore
coltivato dai costituenti, estendendo e potenziando quei diritti individuali conquistati
in una lotta che ha attraversato gli ultimi secoli. Specie quando, come ora, il
racconto della nostra vita si fa difficile e offre sensazioni di insufficienza,
di arretramento, di tradimento. Qualcosa in tal senso è stato fatto in questa
legislatura, per esempio con le leggi sulle unioni
civili e sul biotestamento
(ma non sul cosiddetto ius soli), e
tuttavia lo sforzo deve proseguire con altro impegno.
La
Costituzione è una bella signora di 70 anni ben portati, che non dimostra
nemmeno: qualche ruga certo, ma ancora in gamba. Essere arrivata fin qui, spegnere tutte queste candeline, è un bel
traguardo, per noi è un bel sospiro di sollievo. Con tutto quello che hanno
passato lei e il Paese. Poteva non farcela essendo nata sulle rovine di una
guerra tremenda e avendo affrontato tante vicissitudini, dalla ricostruzione
della Nazione uscita distrutta dal fascismo, alla stagione del terrorismo e
delle stragi mafiose che hanno insanguinato le strade e scosso le fondamenta
dello Stato.
Eppure, non si è fermata un attimo, ha sorretto
il Paese nella ricostruzione economica, nella conquista di diritti civili sul
lavoro e nel settore della famiglia, nella difesa delle istituzioni contro ogni
forma di criminalità organizzata. Ha attraversato il tempo della fatica e della
polvere, ha provato le lacrime del dolore e della gioia, è stata vicina a noi,
nei giorni neri e bui, quando abbiamo accumulato fatiche e umiliazioni, ma
anche percepito quei lampi di gioia che ci hanno consentito di andare a letto
felici, insegnando a non arrenderci, a non lamentarci.
La
globalizzazione, l’impoverimento di molte classi sociali, la perdita di
autorevolezza delle istituzioni internazionali hanno sovvertito il mondo. In
mezzo a questi processi storici così complessi, il richiamo alla Costituzione e
ai suoi valori può ancora rassicurare gli individui, garantire la convivenza,
promuovere lo sviluppo economico, offrire il necessario raccordo tra la vita
degli individui e la forma della comunità in cui viviamo. Allora possiamo anche
credere davvero, con Roberto
Benigni, che la Costituzione italiana sia «la più bella del mondo».
*
Leggi anche:
Con qualche ruga, ma portati bene: la Costituzione
Italiana compie 70 anni, di Angelo Perrone,
La Voce di New York:
http://www.lavocedinewyork.com/news/politica/2018/01/02/con-qualche-ruga-ma-portati-bene-la-costituzione-italiana-compie-i-70-anni/
1979, il messaggio di fine anno agli italiani di Sandro Pertini:
RispondiElimina“Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi".
Difendiamo la bella Signora, sempre, costi quel che costi.