L'evoluzione delle parole seguendo le illustrazioni visive. Pittura, scultura, tv, giornali, social sino ai giorni nostri
di Angelo
Perrone *
Lingua
madre di chi è nato con essa e vi è cresciuto sino all’età adulta praticandola
nella vita personale e nel lavoro. Oppure lingua della nuova patria, di chi
l’ha acquisita con il tempo e con non piccolo sforzo, per necessità di lavoro o
per amore: di un luogo, di una persona, di un’arte o professione. O infine
lingua del ricordo e della memoria, di chi allontanandosene per diletto, o per costrizioni
della vita, vi ha custodito, attraverso i dialetti locali, l’accento regionale,
i modi di dire del paese d’origine, qualcosa della propria esistenza
precedente, quasi il retaggio di un’altra vita appartenente ad un altrove, eppure
così radicato in sé.
Comunque,
lingua da imparare ed approfondire, prima vagabondando tra le mille regole ed
eccezioni, suoni e costruzioni verbali, poi prendendone graduale confidenza,
sino a provare ad ingaggiare con essa un confronto a testa alta.
La
lingua italiana vive nei pensieri e nella scrittura di milioni di persone, non
solo in Italia ma nel mondo, e in particolare in America, ed ha una sonorità di
echi che, per gli stranieri, la distingue da tutte le altre lingue. Una storia
plurisecolare che affonda le sue origini nel latino e giunge fino ai giorni
nostri, al rapporto con le altre lingue tradizionali a cominciare ovviamente
con l’inglese, sino ai linguaggi specifici usati dai moderni mezzi di
comunicazione, la tv, la messaggistica degli smartphone, i social.
Molteplici
voci e mille volti hanno formato e influenzato la lingua usata nelle
espressioni artistiche-letterarie e in quelle scientifiche-professionali e più
in generale nelle espressioni quotidiane, rendendola nel tempo diversa dalle
sue origini ma mantenendone le caratteristiche di adattabilità al presente.
Un
percorso, quello all’interno dell’evoluzione della lingua nei secoli, che
certamente può essere svolto – anche in modo innovativo e acuto - soffermandosi
sulle regole grammaticali e le sue eccezioni, sulle costruzioni sintattiche e
logiche, sulle forme dello scrivere, così radicalmente cambiate nel tempo: non
si scrive più non solo alla maniera di Dante Alighieri o Giovanni Boccaccio, ma nemmeno di Alessandro Manzoni, e persino degli scrittori del ‘900 come Carlo Emilio Gadda o Alberto Moravia. Studiando, in
una parola, come i meccanismi della lingua siano stati influenzati e poi
modificati da ragioni storiche, da cambiamenti sociali, e non solo da quelle
puramente logiche.
La
storia della lingua e i suoi mutamenti però possono essere anche raccontati
“per immagini”, attraverso la ricca documentazione cartacea, fotografica, digitale,
che accompagna una tradizione linguistica così lunga e articolata. E’ lo scopo
perseguito dai linguisti Luca Serianni e Lucilla Pizzoni nel loro ultimo
lavoro, appunto una Storia illustrata
della lingua italiana (Carocci editore, 2017).
"Placito capuano": il giuramento in volgare |
Una
sfida intellettuale che si rivolge al lettore per accompagnarlo in un viaggio
tanto agile e gradevole quanto stimolante e dotto, perché capace di individuare
e selezionare quelle molteplici tracce che segnano lo sviluppo di un impianto
linguistico e con esso di un intero popolo. L’illustrazione ha il merito di
rendere visibile e al tempo stesso concreta qualsiasi citazione dei passaggi
essenziali di quel viaggio all’interno della lingua dalle lontane origini
latine alle moderne espressioni linguistiche.
Un
toccare con mano, un constatare con il potere ineguagliabile del documento
cartaceo originale, del ritratto, del disegno o delle più moderne fotografie o
riprese video, quanto risulti lungo e complesso quel percorso. E soprattutto
quanto l’evoluzione della lingua sia strettamente correlata ad altre
manifestazioni della cultura italiana, pittura e scultura, e della scienza
(riproduzione di opere letterarie, stampe di libri).
Di
qui, il fascino del documento (in latino) contenente le prime espressioni in
volgare giunte sino a noi (“Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene,
trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”) tratte dal Placito
capuano risalente al 960 d.C. Una sentenza emessa dal giudice di
Capua in una controversia tra i monaci di Cassino e un privato, e
deliberatamente scritta, anche, in volgare perché il suo contenuto fosse più
chiaro ai destinatari: un segno, questo, di quanto all’epoca il volgare stesse
appunto soppiantando il latino come lingua comune dando origine appunto alla
lingua italiana.
Oppure
la preziosità del codice Vaticano
Latino 3195 che è il primo manoscritto autografo della
tradizione letteraria italiana, risalente a Francesco Petrarca. O la
suggestione del dipinto di Domenico di Michelino (1465) raffigurante Dante
Alighieri mentre mostra in una miniatura il suo sommo poema. Documenti che
raffigurano visivamente le origini della tradizione letteraria italiana legata
all’espressione linguistica fiorentina.
Un
linguaggio scritto, differente dal parlato usato anche negli ambienti più colti
e avente caratteristiche diverse nelle varie regioni con profonde accentuazioni
dialettali, rimasto tuttavia praticamente immutato come lingua letteraria sino
all’800. Quando, con Alessandro Manzoni, proprio quella lingua letteraria
giunge ad identificarsi in pieno con la stessa lingua parlata in tutta Italia,
così portando a compimento, anche dal punto di vista linguistico, il disegno
risorgimentale di unificazione della nazione.
Petrarca, manoscritto del Canzoniere, Biblioteca Vaticana |
E’ l’edizione
definitiva del 1840 dei Promessi
Sposi (con numerose illustrazioni xilografiche) che rappresenta
l’espressione preziosa e suggestiva del lungo e faticoso processo di raccordo
linguistico del paese, che assume a modello il fiorentino, in sintonia con
l’originaria ispirazione dantesca (da qui l’invito del Manzoni a “risciacquare
i panni in Arno”, dunque a fare riferimento a quell’idioma come base di tutto l’italiano
scritto e parlato).
Passaggi
vertiginosi e radicali, sia pure in un arco di tempo contenuto, sono quelli che
avvengono nel ‘900, e che documentano i processi di alfabetizzazione
generalizzata degli italiani, dopo la seconda guerra mondiale, attraverso la diffusione
del mezzo televisivo e dei programmi culturali specifici (come
l’indimenticabile “Non è mai
troppo tardi” del maestro Alberto Manzi, con cui le regole
grammaticali diventano insolita materia di trasmissioni televisive di successo
e strumento di diffusione della lingua) e soprattutto per mezzo di forme
espressive comuni che hanno rafforzato l’identità nazionale e fortemente
superato i particolarismi dialettali residui.
Si può guardare al passato per immaginare meglio il futuro, anche nell’uso della lingua italiana. Una sfida avvincente, entrare in un territorio complesso e pure difficile, spesso inesplorato per ciascuno di noi che lo pratichiamo, per scoprirne le meraviglie ancora sconosciute: un viaggio nell’italiano che sa stupire ancora, ogni giorno.
Si può guardare al passato per immaginare meglio il futuro, anche nell’uso della lingua italiana. Una sfida avvincente, entrare in un territorio complesso e pure difficile, spesso inesplorato per ciascuno di noi che lo pratichiamo, per scoprirne le meraviglie ancora sconosciute: un viaggio nell’italiano che sa stupire ancora, ogni giorno.
* Leggi anche:
In “Storia
illustrata della lingua italiana” i mille volti della lingua di Dante, di Angelo Perrone,
La Voce di New
York:
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