La storia di Lorenzo e dei
suoi amici di infanzia Nicola e Maria. Un
rapporto che non lo protegge da atti di violenza per il segreto che custodisce
e che lo porta verso
la tragedia. A distanza di tempo, la ricerca della verità su quel suicidio è
anche l’inizio di un percorso di crescita individuale
Romanzo
di Marina Zinzani
Riassunto delle puntate
precedenti
Si può rimediare agli errori commessi? Al non
aver capito i tormenti segreti di un amico, quando si era molto giovani?
Nicola ha ritrovato delle poesie di Lorenzo, il
ragazzo dagli occhi blu che più di vent’anni prima non ce l’aveva fatta, morto
suicida.
Rintraccia gli amici di allora, li ritrova
entusiasti all’idea di pubblicare queste poesie, esaudendo all’antico desiderio
di Lorenzo: un suo libro esposto in una libreria.
Solo una ragazza non è entusiasta
dell’iniziativa: Maria. C’entra qualcosa con la sua morte, con le accuse che
avevano indotto Lorenzo al suicidio?
Il romanzo è pubblicato a puntate, in queste
date: 20, 23, 26, 29 novembre; 2, 5, 8, 11 dicembre 2017. Ognuna con brevi note
illustrative, anche per dar conto delle puntate precedenti.
MARIA
(7 capitolo)
Faceva freddo, e Milano
appariva opaca, con una nebbiolina che sembrava sfumare i contorni dei palazzi.
Milano era il tram, quotidiano viaggio che aveva suggestioni del passato,
sedersi su panche di legno laccate, guardare la persona che stava seduta di fronte,
pensieri.
Milano era la vecchietta
gobba che faceva fatica a scendere, la donna che parlava alla sua nipotina con
voce calma, uno sguardo scambiato con uno sconosciuto e gli occhi abbassati,
guardare la borsa, le scarpe di chi era seduto vicino.
Milano era la giovane con gli
auricolari, assente e dinamica con le scarpe da ginnastica, che scendeva veloce
alla fermata. Era la giovinezza sicura e omogenea, stessi abiti, stessi
cellulari, stesso taglio di capelli, stesse parole, stesso smalto dai mille colori,
stesso distacco.
Milano e i pensieri di Nicola
nel tram, i ricordi.
I Navigli. L’ultima serata
insieme. Maria che non si faceva più sentire dopo il viaggio a Venezia. Nicola
che parlava, parlava…
“Ho visto Maria con uno… Avrà
qualche anno più di lei… “
I Navigli del sabato sera.
“Certo che dopo Venezia non è
stata più la stessa… mi sembra che se la tiri molto… come se gli avessimo fatto
qualcosa… non so… le donne… vai a capirle le donne…” continuava a parlare
Nicola.
La bancarella con lo zucchero
filato, le mandorle ricoperte, il croccante tagliato a rettangoli.
“E poi, io mi dico, sei
uscita un sacco di volte con noi e adesso trovi delle scuse… capisco se hai
uno… ma anche bere qualcosa insieme… potrebbe portare il suo tizio, nessuno
glielo proibisce…”
La voce di Nicola riempiva il
silenzio, bancarelle di dolciumi e luci.
“Avevamo detto che saremmo
andati a New York insieme… certo, ci vogliono tanti soldi… era un’idea così…”
Camminavano e Nicola
continuava il suo monologo.
“Certo… l’ho vista l’altro
giorno ed era così in tiro… truccata, con dei pantaloni stretti e una
maglietta… è fatta bene e sa di esserlo… chissà quello…”
Una lavagnetta con i menù
esposti.
“Quello non se l’è fatta
scappare… una così non la trovi tutti i giorni… ci ha fatto morire dal ridere
delle volte… ti ricordi quando raccontava le barzellette?”
Lorenzo non rispondeva,
camminava, guardava per terra.
“Anche in costume non era
male. Aveva una quarta di reggiseno sicuramente… Deve avere preso da sua madre,
è ancora messa bene…”
Una barca con le luci accese.
“E poi mi sa che si fosse
presa una cotta per te, non so… mi dava quest’impressione… mi ricordo che le si
illuminavano gli occhi quando arrivavi…”
Fermarsi. Di colpo.
“La vuoi smettere?”
Silenzio.
“Cosa ho detto…?”
“E’ tutta la sera che la meni
con Maria! Maria di qua, Maria di là! Mi hai stufato! Parla d’altro, no?”
Non l’aveva mai visto così
Lorenzo.
“Perché non ci hai provato tu
allora, se ti piaceva tanto!”
“Mah… io dicevo così per
dire… “ si giustificò Nicola.
“Ma vai a quel paese…
lasciami in pace… dì almeno dove vuoi arrivare! Vuoi sapere perché non ci sono
andato a letto, è questo che vuoi sapere? Cosa ti ha detto lei?”
“Niente, niente…”
“Senti, io torno a casa da
solo. Buonanotte.”
Quella serata sui Navigli fu
il loro ultimo incontro.
*********
Il cameriere appoggiò sul
tavolo gli aperitivi. Nella stanzetta del locale, in un tavolo appartato, si
erano ritrovati Nicola, e gli altri che erano andati alla presentazione del
libro. C’era anche il professore.
“Allora, Nicola, hai portato
le poesie, ha detto Romana…” chiese Barbara.
“Sì… le ho qui…” rispose
Nicola, aprendo la borsa di plastica e mettendo un gruppo di fogli sul
tavolino.
Piano piano quei fogli
finirono nelle mani di Barbara, Andrea, Guido, Romana. Anche il professore li
prese in mano.
Nessuno diceva nulla, nessuno
beveva, né mangiava gli stuzzichini che aveva portato il cameriere. Un silenzio
era calato, mentre loro si passavano i fogli.
“Questa l’hai letta?”
“Sì, bellissima, leggi
questa, anche questa è molto bella.”
I fogli giravano fra le mani,
Nicola poggiava a volte lo sguardo sul professore, e si chiedeva se avesse
accettato subito di scrivere la prefazione, e tornare a quella storia…
Ma erano pensieri stupidi,
come tante cose che pensava di solito. Gli occhi bagnati di Barbara, la voce
che Guido cercava di schiarirsi, la testa che Romana scuoteva, le mani di
Andrea che non si staccavano da una poesia, il professore che aveva
un’espressione visibilmente turbata: tutto parlava d’altro.
E Nicola pensava ancora al
pettegolezzo, al professore che ci metteva la faccia, senza nessuna paura…
Si sentì un’idiota, ma
cominciava a sentire freddo, un freddo terribile. Loro l’amavano, Lorenzo, forse
più di quanto l’avesse amato lui.
*********
Le cose che stanno dietro gli
sguardi stanchi. La poca voglia di muoversi, di agire, rinchiudersi la domenica
in casa davanti alla tivù, scambiare poche parole con quella che è diventata
tua figlia. Nessuna voglia di prendersi cura del tuo corpo che si sta
abbandonando al risucchiare del tempo, tu non opponi resistenza, non ti iscrivi
ad una palestra, non decidi di giocare a tennis, non vai a nuotare in una
piscina. No, perché non ce la fai.
Il tuo corpo è fermo, e tu
non hai voglia di muoverlo, di reagire. Portarsi dietro un peso da più di
vent’anni. E quel peso non dirlo a nessuno.
Si erano lasciati male,
quella sera ai Navigli. Lorenzo era esploso, quelle parole avevano ferito
Nicola. In fondo cos’aveva detto? Maria se n’era andata e lui non aveva capito
perché, era accaduto qualcosa a Venezia che gli era sfuggito, e Lorenzo non ne
aveva parlato.
“Cosa ti ha detto lei?” Quella
frase risuonava nella mente di Nicola, cosa doveva dire Maria di Venezia, cosa
aveva tanto innervosito Lorenzo?
Sì, c’era una cosa anche
evidente, era così evidente che Nicola non l’aveva neanche mai notata, mai
percepita come si percepisce un sospetto: Lorenzo non aveva mai avuto una
ragazza, da quando si conoscevano. Sembrava apprezzare delle ragazze, aveva
fatto dei commenti delle volte, ma in fondo non l’aveva mai visto veramente con
qualcuna. Era una cosa così palese, però c’erano altre spiegazioni. In fondo,
anche lui, a parte qualche breve storia, di ragazze non ne aveva avute molte.
E forse la vicinanza continua
di Maria gli aveva fatto delineare una possibile storia fra i due, come se
fossero segretamente attratti e nessuno facesse il primo passo, Maria perché
aspettava che si dichiarasse Lorenzo, lui, timido, con la paura di essere
rifiutato. Qualche volta Nicola aveva avuto questa percezione. Sbagliata, come
tante cose della sua vita.
Sbagliato come un matrimonio
con una donna così diversa da lui, che parlava, parlava, senza nessun acume,
nessuna profondità, sbagliato come il suo essere padre, rilegato negli anni
sempre più ad un bancomat per assecondare la figlia, con cui riusciva a
malapena a scambiare qualche parola.
Sbagliato nell’allontanarsi
dai compagni di allora, non saperne più niente. E invece quelli erano rimasti
in contatto fra loro, non si erano arresi agli anni, ai lavori che toglievano ogni
energia, alla fatica dei figli da crescere, ai mutui da pagare, non si erano
arresi a quello che era successo e alla morte di Lorenzo e come sopravvissuti
avevano continuato a frequentarsi.
Era come se le lezioni del
professore avessero lasciato dei semi nelle loro vite e quei semi erano poi
cresciuti ed erano diventati piante, fiori, ed ognuno aveva cercato una strada,
attraverso il volontariato, la cultura, i libri, ed erano rimasti con quella
curiosità dei diciotto anni. E il professore era con loro, anche lui un
sopravvissuto, un uomo che aveva perduto tutto, moglie, figli, rispettabilità,
eppure non si era arreso, e quelli erano diventati come suoi figli.
Nicola l’aveva visto
premuroso con loro dopo la presentazione di quel libro, l’aveva visto mettere
una mano sulla spalla di Romana come un padre anziano, l’aveva visto chiedere
ad Andreino quando sarebbe ripartito...
*********
Dopo il litigio con Lorenzo,
Nicola aveva preso ad uscire con Sergio, era uno che vedeva ogni tanto, aveva
un sacco di amici, giri strani in cui si univano gruppetti così diversi da
loro, e lui faceva quasi da catalizzatore.
E poi Nicola aveva voglia di
conoscere delle ragazze, di darsi anche un po’ da fare, com’era naturale a
quell’età, e così aveva cominciato ad uscire con lui, accantonando Lorenzo che
non gli telefonava più. Gli passerà, aveva pensato allora Nicola.
Le voci sulla storia di
Lorenzo e del professore erano nate e nessuno aveva saputo da chi. Il
professore era conosciuto, un esteta lo definivano in molti, un raffinato, un
uomo d’altri tempi che si vestiva come un dandy, e questo bastava ad alcuni per
associarlo a poca virilità, e anche se aveva moglie e due figli cosa
significava… il mondo era pieno di gente dalla doppia vita, che camuffava la
propria omosessualità con la famiglia…, questo si diceva in giro.
Nel pieno delle voci, Nicola
era andato una sera in pizzeria con Sergio. Quel ragazzo dai capelli lunghi
biondi lo guardava in modo strano, lo fissava e Nicola sentiva quello sguardo
addosso, provando imbarazzo.
Nicola cominciò a pensare che
forse non era stata una grande idea uscire con lui, di cosa avrebbero parlato
poi? Cosa c’era da dire? Parlare di ragazze, di feste che quello voleva
organizzare?
Parlarono di Lorenzo. Così,
con una birra in mano e gli occhi di Sergio fissi su di lui. Nicola tagliava la
pizza, e qualcosa gli saliva su, un senso di nausea, come se non avesse più
voglia di mangiare, come se la pizza avesse troppo formaggio e quel formaggio
gli apparisse improvvisamente pesante, difficile da digerire…
“Ma tu non ti sei mai accorto
di nulla? Hai girato con lui per anni, qualcosa devi avere notato.”
“Ma no…” aveva sussurrato
Nicola, scuotendo la testa.
“Beh, si sa che il professore
faceva le lezioni a casa sua per sedurre qualcuno…”
“Sedurre….! Ma dai! Non
esageriamo…”
“Certo che tu Nicola sei un
ingenuo… d’altronde siete usciti per anni con Maria e una così ve la siete
fatta scappare…”
“Cosa vuoi dire?”
“Che l’altro giorno l’ho
vista con uno… lo conosco, abita in un palazzo di Corso Venezia, è uno che ha
dei soldi, quello…”
Nicola abbassò lo sguardo,
tagliò la pizza lentamente…
“D’altronde giravate insieme
e non è successo niente… ci sarà pure un motivo…”
“Forse è successo e non si
sa…” cercò di dire Nicola, con sorriso enigmatico.
“Dici? Lei ha sempre detto di
no, eravate solo amici, voi tre. Strano, vero?”
“Non ci trovo niente di
strano… Giravamo insieme…”
“Sì, giravate insieme e
intanto Lorenzo se la passava con il professore, che schifo…”
“Sono voci assurde…”
“Voci vere e tu Nicola sei
stato l’ultimo a saperlo. Come il marito cornuto, proprio come lui…”
“Marito cornuto… cosa stai
dicendo?”
Sergio si fermò. Bevve dal
suo boccale di birra, e si passò la mano sulla bocca per pulirsi.
“I mariti cornuti sono quelli
che sanno le cose per ultimi. Quello che gli succede è davanti agli occhi e
loro non vedono. O non vogliono vedere… o gli va bene così.”
“Stai dicendo un sacco di
sciocchezze.”
“Perché lo difendi tanto
Lorenzo? E il professore? Ha fatto delle proposte anche a te? Vi vedevate lì da
lui e ci provava con tutti e due, però ha preferito il marocchino, perché, si
sa, quello ha certi gusti, roba strana gli piace… devi dirmelo, Nicola, perché
se non me lo dici vuol dire che anche tu ci andavi dal professore e la cosa fa
veramente un po’ schifo… scusami ma è così… già dicono che vogliono mandarlo
via dalla scuola, magari è un pedofilo, potrebbe averlo fatto anche con i
bambini… e tu che non ti accorgi di nulla… non è credibile, dai… giri con il
marocchino per anni, siete inseparabili e non ti accorgi di niente, che a lui
piacciono gli uomini, che non ha uno straccio di ragazza, che non si sa di
nessuna storia sua, già questo dice tutto, ci sarà pure un perché, no, guarda,
non vorrei che tu fossi come lui, mi dispiacerebbe, veramente…”
“Senti… io non sono come lui…
a me piacciono le ragazze.”
Frase peggiore Nicola non
poteva trovare, non aveva retto al pressing di Sergio e le parole erano uscite
senza riflettere, senza ragionare, senza capire che quell’essere odioso
aspettava quello, la conferma dall’amico intimo di Lorenzo, e che un minuto
dopo sarebbe andato a divertirsi, a riportare tutto in giro, a dire “Anche
Nicola l’ha confermato che Lorenzo è un finocchio”, era questo che aspettava e
Nicola era caduto nella sua trappola e non aveva più potuto rimediare a
quell’incendio che era divampato, che aveva contribuito ad alimentare. Bastava
rispondere “Lui ne avute di ragazze, ma non lo dice in giro, io lo so.” Bastava
quello.
*********
Maria si spruzzò il profumo.
Poi si passò la mano sui capelli, si diede un’ultima occhiata allo specchio, ed
uscì dalla stanza.
Il buffet era al primo piano
dell’albergo, prese l’ascensore e quando arrivò notò che la sala era già piena
di gente. Orlando, suo marito, stava parlando con un uomo e le gettò
un’occhiata d’intesa.
Era sposata da una decina
d’anni e non aveva avuto figli. Si divideva fra la vita a Milano, in un
bell’appartamento del centro, e un cascinale in Toscana dove passava le
vacanze. Ma passava anche dei week-end in qualche resort di lusso, ogni tanto
faceva viaggi in posti esotici, aveva amici che riempivano la sua casa e le sue
serate.
E quella sera era lì al
buffet, dopo un congresso medico, in cui aveva parlato suo marito. Indossava un
paio di pantaloni neri e una camicia color champagne, aveva i capelli raccolti
con qualche boccolo che le scendeva sul viso, il trucco non eccessivo, le
scarpe di pelle lucida nera con il tacco altissimo.
Orlando le andò incontro.
“Allora, hai fatto un giro
per Gardone?”
“Sì, ho comprato qualcosa.
Bei negozi, è bello il lago in questo periodo.”
“Hai visto che c’è anche
Romoli, possiamo dirgli se ci vediamo una sera, magari ti metti d’accordo con
sua moglie…”
“Sì, diglielo pure, possiamo
fare uno di questi sabati…”
Le cene in casa sua,
preparare tutto con cura, non cene banali tipo spaghetti al pomodoro, no, cose
ricercate che potessero colpire i suoi ospiti, fare loro capire che ogni cosa
era curata in quella casa, anche l’arredamento essenziale, zen, i mobili di
design, anche gli aperitivi, anche le tovaglie e i servizi della tavola… E poi
la cura del corpo, combattere gli anni che avanzavano, il nuoto, il footing nel
parco, la palestra, i massaggi, le creme costose, il parrucchiere, i vestiti
firmati, un’eleganza ricercata ma non eccessivamente vistosa, i negozi del centro,
qualche follia che però si poteva permettere, Orlando guadagnava bene, e anche
lei, con il lavoro nella ditta di prodotti omeopatici, guadagnava
discretamente…
Maria prese un aperitivo fra
le mani, e si avvicinò alla finestra. Il lago di Garda aveva dei colori
veramente belli, a quell’ora. Striature arancioni, rosa, blu, si erano come
posate sull’acqua, e quel gioco magico di colori si univa alla sensazione che
dava il lago di sera, gli uccelli, le barche, i ristoranti che cominciavano a
riempirsi, la temperatura che si abbassava, un caffè seduti ad un tavolino
davanti all’acqua.
Aveva deciso, non si sarebbe
fatta più viva con Nicola. Solo se lui l’avesse chiamata, allora…
L’aveva visto al bar,
invecchiato, si era presentato con quel discorso sulle poesie di Lorenzo, le
voleva pubblicare, e tornava così, dopo tanti anni, e tirava fuori quella
storia… Poesie, perso in un libro di poesie… e lei che aveva dovuto fare finta
di essere interessata, assecondarlo… Ma se lui non si fosse fatto più vivo era
meglio, lei non aveva certo voglia di cercarlo… E quell’agenda, quel diario,
cosa cavolo aveva scritto Lorenzo?
La sua vita era lì ora,
scandita da cose in fondo piacevoli, gente di un certo livello, era stata
appagante finora. E Orlando era un buon compagno, molto preso dal suo lavoro,
un medico di un certo livello, e d’altronde le sue parcelle parlavano chiaro…
Tutto era a posto, tutto era
perfetto. Il punto era… si era innervosita dopo avere visto Nicola…. Da allora
un’irritazione sottile, un’antipatia per lui era entrata nei suoi pensieri, e
lei si era detta che doveva fregarsene, non voleva più vederlo Nicola, poteva
non farsi più sentire e dirgli di essersi dimenticata di quelle poesie… sì,
dimenticata… e poi era da un po’ che non si faceva vivo, era meglio così, forse
aveva lasciato perdere…
I colori del lago si stavano
mutando, ora l’arancione diventava più sottile…
L’acqua, il sole e i riflessi
dorati che entravano dalla finestra. Venezia al risveglio, una breve vacanza
lontano da tutto, con Nicola e Lorenzo. Lei, in stanza da sola, si stava
vestendo. E anche Lorenzo era solo, perché Nicola, che si era alzato presto,
era in giro chissà dove.
Lei poco dopo l’aveva
chiamato e aveva cominciato a scherzare con lui, a fargli i dispetti. Poi
avevano guardato dalla finestra il canale e la vita di Venezia al mattino, la
foschia, le barche, lei gli aveva messo una mano sulla spalla e si era
abbandonata con la testa sul suo petto… Lui le aveva accarezzato i capelli…
Allora lei aveva appoggiato il suo volto verso quello di lui, ne aveva cercato
le labbra…
La testa di Lorenzo
improvvisamente girata, lui che si stacca dalla finestra e dice “Chissà dove si
è messo Nicola”, il suo guardare l’orologio, la guida della città che prende
subito in mano: Maria aveva fatto finta di niente, di nascondere ciò che
sentiva, ciò che era, mortificata, imbarazzata. Delusa.
E poi, giorni dopo…
Quel pomeriggio era andata da
sola dal professor Riccardi, la porta era stranamente socchiusa e allora lei
era entrata. Impacciata, stava per dire “Permesso”, farsi sentire, ma un lieve
brusio aveva attirato la sua attenzione. Si era avvicinata lentamente verso la
sala. Ora il brusio era più nitido, erano voci fitte e sommesse. Poi silenzio.
La porta della sala era
leggermente aperta. Aveva inclinato la testa e sbirciato dall’uscio. Vi si
vedeva un grande specchio ovale che rifletteva un’immagine. Due persone,
Lorenzo e il professore. I due erano molto vicini fra loro, le era sembrato che
il professore tenesse delicatamente una mano sul braccio di Lorenzo. Poi,
improvviso, inatteso e sconvolgente, un bacio.
Quante volte Maria aveva
ripensato a quella scena, quante volte si era chiesta se non avesse avuto una
visione. Quante volte si era chiesta se il riverbero del sole, il riflesso
dello specchio, non le avessero giocato un brutto scherzo. Ma no, era tutto
vero.
Il professore aveva reclinato
il capo e avvicinandosi aveva dato un bacio a Lorenzo. Un bacio, un bacio vero.
Un bacio che Lorenzo, pochi giorni prima a Venezia, le aveva rifiutato.
Come se il respiro di Maria
fosse diventato rumoroso, il professore si era girato e l’aveva vista.
“Scusi professore… dovevo
restituirle il libro… la porta era aperta…”
Aveva lasciato sul tavolo il
volume, scambiato poche parole, con Lorenzo che stava a testa bassa e il
professore pallido, poi era andata vita.
Lo raccontò dopo qualche
giorno alla sua migliore amica.
Aveva fatto entrare mille
pensieri dentro la sua mente, come fogli di carta che riempiono una scatola, e
su ogni foglio c’era scritto qualcosa. Lorenzo soffriva per la lontananza del
padre, per il suo essere di un paese lontano, per la sua omosessualità, per una
malinconia che lo prendeva a momenti e che lo portava a rinchiudersi, forse
c’erano i segni di una depressione che poteva essere curata, la madre era
troppo occupata dal lavoro e non lo seguiva, lui voleva diventare uno scrittore
ma era una strada che non avrebbe portato da nessuna parte e questo lo sapeva,
forse sarebbe diventato un frustrato, aveva poca dimestichezza con la realtà,
si chiudeva nelle sue fantasie, aveva una visione troppo delicata della vita,
si nutriva di scrittori che avevano scritto cose inadatte ad un giovane, aveva
pochi amici, non amava ballare, giocare a calcio, non amava la vita che
facevano gli altri, quelli dalla sua età.
Quella scatola con tutti quei
fogli si era riempita e aveva impedito ogni perplessità, ogni pensiero critico,
ogni senso di colpa.
L’incontro recente con Nicola
l’aveva spiazzata. L’aveva tramortita quasi, e lei aveva capito quel sottile
giro di parole, “sorpresa… hai fatto una sorpresa?” ma aveva fatto finta di
niente. Nicola ci pensava ancora, a Lorenzo…
Avvertì un brivido di freddo, avrebbe dovuto
portarsi la giacca nera… La luce del sole se ne stava andando, l’acqua aveva
raccolto le ultime striature arancioni, e si intravedevano delle luci lontane…
E per un attimo fu come se la
scatola si fosse aperta, e i fogli, quei fogli, fossero volati per aria, usciti
dalla finestra aperta e andati a spandersi ovunque e la scatola ora appariva
spoglia e in quella scatola c’era solo una foto, loro tre insieme ad Alassio,
quella foto che si erano fatti scattare da uno sconosciuto, Nicola che mostrava
i bicipiti, Lorenzo con un sorriso enigmatico, lei che faceva una smorfia. Ce
l’aveva ancora da qualche parte, quella foto.
E allora non ci fu più niente
attorno a sé, né le persone, né il buffet, né la stanza. C’era una ragazza che
non riconosceva, con dei jeans larghi e un grande cappello, che rideva, che
faceva finta di strozzare Lorenzo, che stava stretta dietro a Nicola nel suo
motorino. Provò una malinconia improvvisa per quella ragazza, perché non c’era
più.
“Maria, ti presento un
collega, vieni” la scosse la voce di Orlando.
Allora lei si girò,
passandosi una mano sugli occhi, e cominciò a intrattenere cordialmente
quell’uomo, e intavolò con lui una buona conversazione come sempre.
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