Gesti di civismo per avere cura della propria città. E del paese
di
Marina Zinzani
(Commento
di Angelo Perrone)
(ap) Per le strade di Roma, un
giorno come gli altri. Vicino a piazza del popolo, dall’altra parte del Tevere.
La solita difficoltà di trovare parcheggio. Il rumore del traffico, la gente
indaffarata. Poi all’improvviso un gruppo di ragazzi con una casacca addosso.
Il viso rivolto verso muri, portoni, pali della luce. A volte piegati quasi in
ginocchio. Le mani intente a togliere cartacce pubblicitarie, o scritte. Così,
spontaneamente, e gratuitamente.
Alcuni circondavano un palo
particolarmente sporco, coperto di etichette, e si muovevano intorno per
scrostare il metallo. Una specie di danza leggera, in nome della bellezza. Posso
scattare qualche foto?, chiesi imbarazzato. Risposero con questo sorriso. Bello,
come sarebbe stata la città, di cui si stavano prendendo cura, se tanti non
l’avessero oltraggiata impunemente.
Quando ripassai di lì, il pomeriggio
tardi, tutto era pulito, ma loro non c’erano più. Non avevano aspettato nemmeno
che qualcuno dicesse loro grazie. Grazie, allora, a nome di tutti. Che un gesto
di civismo e di generosità provenga da ragazzi così giovani ci sembra un
segnale speciale. Basta poco per rallegrarci, e infondere fiducia.
Curare
una città è un po’ come curare il proprio giardino, la propria casa. La città è
cosa che si vede ogni giorno, che si vive ogni giorno, che si respira. La città
come ritrovo di tutti, un patrimonio di storia e anche di presente, e il nostro
futuro.
Quante
belle parole. Il passante guarda rassegnato le cartacce per terra, le lattine,
le cicche delle sigarette, e non solo: i muri ricoperti da sfregi che sono
violenza sotto forma di colore, anche il colore diventa brutto quando si tratta
di sporcare le cose degli altri, abitazioni comprate con fatica, vissute con
amore, violate.
Il
passante vede dei ragazzi che sono forti, tenaci, pieni di vita. Comincia da un
paio di guanti e da una paletta, la voglia di rinascita. Sono invisibili, come
gli angeli, non fanno notizia.
Ma
finché ci saranno persone come loro, si può ancora sperare.
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