Garfagnana (foto ap) |
Essere audaci, oggi. Lo ripetono papa
Francesco e il presidente Mattarella: l’invito a dare valore alla nostra
fatica e a trasformarla in risorsa
di
Sonia Scarpante
Alessandro Baricco ha parlato in un suo articolo dell’importanza di essere
oggi audaci. Ed io mi affianco a lui
perché questa riscoperta della nostra umanità dovrà divenire sempre più valore,
forza lavoro del nostro domani, un punto di riferimento fondamentale su cui noi
costruiremo castelli, erigeremo comunità di speranza.
Quella umanità che ci aiuta a vedere nell’altro un nostro simile; un uomo dalle semplici doti anche quando riveste cariche sociali importanti perché rappresenta il testimone etico.
Quella umanità che ci aiuta a vedere nell’altro un nostro simile; un uomo dalle semplici doti anche quando riveste cariche sociali importanti perché rappresenta il testimone etico.
Nella stessa giornata, il 27 marzo 2020, abbiamo visto esempi di valore
etico che hanno saputo conquistare i nostri cuori. La Rai
ha mostrato il rigore e la presenza autorevole del nostro padre Francesco
che non si piega davanti a simile dura prova e la postura del corpo lo
comunicava molto bene; Padre spirituale che ha usato parole franche verso il suo
popolo invitandolo a guardare oltre la coltre dell’apparenza, dell’egoismo e
della supponenza individuale per non continuare ad erigere muri che tanto hanno
creato divisioni in questi ultimi nostri anni e danni alla Comunità di Destino.
Il papa ha spinto, attraverso la parola, il suo popolo ad un “segno audace”
per imparare ad essere portavoce di ideali legati all’amore fraterno e a quello
spirituale che va riconquistato per divenire, noi, più fecondi e capaci di
creare monumenti di solidarietà e non steccati di frantumazione ponendoci gli
uni contro gli altri.
E nello stesso giorno, il Presidente Mattarella ci ha ridestato alla
appartenenza umana attraverso un gesto così semplice ma esemplare, ha portato
la mano al ciuffo ribelle che gli scomponeva la forma usuale della capigliatura
per sottolineare l’impotenza di tutti noi ad esercitare anche le normali forme
di cura di sé che in questo periodo, per restrizioni funzionali, non possono
essere esplicitate. Invitando, poco dopo nel suo discorso, ad un atto di
coraggio individuale e collettivo per proseguire su questa strada della
cooperazione per atto di civiltà, in una coesione di fermezza costante che ci
veda impegnati tutti in prima linea per un lavoro di cui erediteremo una forza
rigenerante e propulsiva.
Audacia che va riscoperta anche in piccoli gesti di coraggio attraverso una
nostra resilienza evocativa che deve divenire “urlo aggregante”, corale in un
popolo che desidera fortemente uscire da questo periodo con statuarie capacità
future, nuove e solenni nelle loro modalità di appartenenza.
Una giornata dove la parola “Audacia” si percepisce come onda trasformativa
e capacitante. Nella costruzione del nostro domani il mondo non potrà essere
più quello di prima e ognuno di noi avrà cura di sé stesso e degli altri solo
se prenderà posizione etica, se imparerà a dire con discrezione e educazione,
ad usare anche il linguaggio emotivo che è fatto di parola e di espressione: ci
siamo negati a noi stessi per troppo tempo alterando così anche le nostre
relazioni con scarsi benefici come abbiamo tutti sotto gli occhi.
Un linguaggio sentimentale (la tanto consacrata educazione sentimentale
citata da Umberto Galimberti) dove ognuno di noi dovrà imparare a dare parola
al dolore, alla sofferenza di questi giorni per elaborare questa grande fatica
emotiva che dovrà essere vista, riconosciuta, accolta e trasformata in valore
di appartenenza e in memoria evolutiva.
Solo così il dolore può frantumarsi e indurci nel tempo ad essere più
liberi e consapevoli. Solo imparando a dare parola alle fatiche e alle
fragilità di questi nostri giorni potremo guardare al nostro futuro con occhi
benevoli e lungimiranti. Questo scatto di audacia nell’essere presenti
quotidianamente a sé stessi ha bisogno di un suo alleato: il coraggio. Dovremo
superare quella soglia di viltà e di indifferenza che ci ha sempre accompagnati
in questi ultimi anni di contrasti eclatanti per essere uomini diversi, arsi
dentro dal sacro fuoco che ci scorpora come entità a sé stanti ma presenti a
noi stessi prendendo posizioni etiche funzionali e gratificanti a beneficio di
tutta la collettività; imparando gli uni dagli altri il linguaggio emotivo che
è sempre legato a personalità sane e forti
La profondità dell’anima, la sensibilità del singolo è sempre valore
aggiunto e da riscoprire nella sua sacralità, forma propulsiva e dignitaria e
non più procrastinabile. Quel valore aggiunto che ci rende meritevoli e
pregevoli, o all’opposto, miseri e deplorevoli. Oggi dobbiamo andare alla
ricerca del nostro senso virtuoso. La storia e la natura ce lo impongono.
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