Quando si potrà parlare di un “dopo”? Siamo lontani
purtroppo dall’uscire dal coronavirus. Cominciare ad immaginare
il futuro e a prepararlo. Saranno necessari
cambiamenti negli stili di vita, nel modo di interpretare le
priorità. Dobbiamo fare tesoro di quanto ci insegna questa esperienza contro la
paura e il dolore
(ap*) “Nulla
sarà più come prima”, sentiamo dire in giro, e lo pensiamo anche noi. Vallo
a sapere quando accadrà, intanto. Un pensiero che genera ansia. Nessuno è in
grado di prevederlo, nemmeno gli scienziati che ogni giorno illustrano i
misteri del virus e si avventurano nel futuro possibile. Lo fanno in diretta,
perché essi stessi fino ad ieri non ne sapevano granché e lo stanno scoprendo
solo ora, lentamente.
Medici impegnati in prima linea, con molti caduti. Cercando di imparare dal contagio che dilaga. Facendo esperienza del dolore. Difendendosi ogni giorno dall’assalto dell’infezione.
Medici impegnati in prima linea, con molti caduti. Cercando di imparare dal contagio che dilaga. Facendo esperienza del dolore. Difendendosi ogni giorno dall’assalto dell’infezione.
Quando si potrà parlare di
un “prima”, perché siamo entrati nel “dopo”? Alle spalle il disastro, faremo un
conto delle macerie e dei morti. Una somma che ancora non sappiamo immaginare,
provocherà sgomento ma almeno darà la possibilità di mettere un punto e di
guardare avanti. E’ ancora lontano il momento in cui poter uscire di casa senza
portarsi appresso l’autocertificazione. O rendere conto degli spostamenti. Solo
nelle vicinanze dell’abitazione? Per andare in quel supermercato che proprio
non ci piace, ma che è il più vicino? Quando mai lo abbiamo fatto nella nostra
vita precedente.
Nelle rare uscite consentite
abbiamo la preoccupazione di incrociare da vicino gli altri, di vederli passare
accanto, magari a meno di un metro. E proprio allora, con fare indifferente, ci
alziamo la sciarpa sul viso, non abbiamo altro per difenderci, le mascherine
non si trovano. Persino lo sguardo è la sintesi rapida di un’indagine
penetrante: non sarai mica tu, che cammini tranquillo, ad avere il virus? Ad
infettarmi, passandomi accanto.
Altri i tempi in cui eravamo
disincantati, distratti, e ci capitava di dire a qualcuno che richiamava la
nostra attenzione: ah, scusa non ti ho visto, ero distratto. Altro che distrazione
oggi: i guanti mono uso, continui lavaggi delle mani, mai toccarsi occhi,
bocca, naso. Anche quando il naso ci prude da morire. Non va fatto, ci viene
ripetuto all’infinito. Ogni disattenzione costa cara. Eppure, costretti a
questo modello di vita, non ce ne siamo davvero abituati. Non possiamo
considerarlo normale.
Inevitabile pensare
al dopo. Riprendere le piccole usanze del quotidiano, il caffè al bar
all’angolo, le quattro chiacchiere con il giornalaio che ci conserva
regolarmente gli omaggi in uscita con il quotidiano, la camminata per andare in
ufficio, dopo aver lasciato la macchina più lontano.
Un senso di sollievo. Poter
dire a noi stessi che non avvertiamo più quella frustrazione che ci viene a
stare a casa per forza. Certo ci sono cose trascurate a lungo, passioni da
coltivare. Ne abbiamo di possibilità per trascorrere le ore da reclusi. Ma poi
sembra che tutto ciò non basti, per concludere la giornata. Il tempo è più
lungo, oltre che lento.
Il
dopo non sarà per nulla facile. Anche a quella, che è stata la nostra vita
di sempre, dovremo prendere le misure, abituarci. Tornare sui nostri passi
richiederà qualche sforzo. Ci richiederà un adattamento, strano no? E poi
rimettere in piedi tante cose significa affrontare un grande sforzo ma anche
trovarsi davanti a sorprese. Situazioni imprevedibili. Che richiederanno
soluzioni nuove.
Vedremo le imprese riaprire
le porte. Tutte? Quelle che non saranno travolte dalla crisi. Bisognerà vedere
quanti lavoratori avranno conservato il posto. Quando gli uffici torneranno a
funzionare, sarà lasciato a
casa lo smart working? Messo da parte, una volta passata l’emergenza. Durante
la reclusione, una necessità, non si poteva fare diversamente. Ma è un modo veloce
e moderno di lavorare, più adatto in tante situazioni, persino i processi
urgenti si stanno celebrando in videoconferenza. Tirando le somme: più
efficienza, meno traffico, meno inquinamento, meno stress. Anche la famiglia ne
beneficia.
E ancora. Ci saranno novità nelle vetrine dei negozi. I vecchi capi giacciono
impolverati nei locali chiusi da settimane. Quale sarà la stagione? Freddo o
caldo, chissà. E poi come ci vestiremo quando non dovremo fare solo il tragitto
sino ai cassonetti dell’immondizia? Questioni di pesantezza d’abito,
soprattutto di stile: sapremo recuperare praticità e leggerezza?
Scuole
che si riempiranno di studenti. Siamo rimasti sorpresi della rapidità con
cui professori e studenti hanno fronteggiato la chiusura forzata degli
istituti: lezioni e compiti da remoto, valutazioni on line. Il filo
dell’istruzione che non si spezza. Non sempre e ovunque certo, talvolta in modo
approssimativo, ma ci si è dati da fare.
Tutto dimenticato, o questa dimensione
avrà un futuro anche quando si rimetterà piede delle aule? Noi da fuori ci
abbiamo preso gusto a vedere questa trasformazione che fa intravedere un
modo moderno di fare scuola. E pure loro, ragazzi e insegnanti, si sono appassionati. Rimarrà qualcosa di questo esperimento, pur nella consapevolezza
che il rapporto personale sia imprescindibile in un processo formativo?
Troppe domande tutte insieme
a cui non riusciamo a dare una risposta. Mentre immaginiamo di tornare a sorridere
per strada, e a non aver paura di sedere in autobus accanto ad uno sconosciuto,
proveremo a rifletterci sopra. Troveremo una via di uscita. Ma dovremo fare
tesoro di questa prova contro la paura e la morte. Quando si pensa a
sopravvivere, cambia la scala dei valori e delle priorità. Non sarà un male,
anche dopo che tutto sarà passato. Potremo ripartire proprio da qui, dai valori
che abbiamo riscoperto in questa fase. La speranza, la tenacia, l’abnegazione,
la compostezza. Nella famiglia, nei rapporti sociali, tra tutti noi che
abitiamo in questo territorio invaso dal virus.
Sarà una sfida e avremo la
sensazione di ricominciare da capo. Ma non sarà proprio così, rimangono le
radici che ci accompagneranno anche domani. Dovremo inventare un modo diverso
di affrontare i problemi. Difficile di sicuro provare nostalgia del
chiacchiericcio, delle beghe, dei sussurri, dei mormorii. La vacuità di idee e
atteggiamenti, nella vita pubblica, o privata. Dilagante in televisione, sugli
altri media, nella politica: egoismi, meschinità, volgarità.
Abbiamo cercato di
mettere da parte questa zavorra e non sempre ci è riuscito, qua e là si è
infiltrata, ostinata e cocciuta, anche in questa fase di crisi. Uno spettacolo
indecente che non potremo riproporre. Siamo stanchi, non lo sopportiamo più.
Almeno questo lo abbiamo capito.
* Leggi La Voce di New York:
* Leggi La Voce di New York:
Il
dopo coronavirus non sarà facile: come far tesoro di questa prova contro la
paura
Sarà una sfida e avremo la sensazione di ricominciare da capo. Ma non sarà proprio così, rimangono le radici che ci accompagneranno anche domani
Sarà una sfida e avremo la sensazione di ricominciare da capo. Ma non sarà proprio così, rimangono le radici che ci accompagneranno anche domani
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