Le forme di conoscenza e l’arte: la
difficoltà di rappresentare la parte più profonda di noi stessi
di Davide
Morelli
Ci sono diverse accezioni della
conoscenza che prescindono dalla cultura, dall'epoca, dalla società, dagli
autori. Per gli scienziati, ad iniziare da Galileo Galilei, la conoscenza è la
spiegazione di fenomeni fisici e la descrizione della realtà con formule
matematiche.
Per Freud la conoscenza è trasformare l'inconscio in conscio, rimuovendo il rimosso e facendo riaffiorare ciò che era al di sotto della soglia di coscienza.
Per Freud la conoscenza è trasformare l'inconscio in conscio, rimuovendo il rimosso e facendo riaffiorare ciò che era al di sotto della soglia di coscienza.
Per molti oggi conoscere vuol dire
soltanto restare sempre aggiornati e sapere tutte le notizie divulgate dai mass
media. Per Timony Lear conoscere significa soprattutto scardinare le porte
della percezione ed esperire nuovi stati alterati di coscienza. Per i moralisti
conoscere significa ricercare incessantemente il bene, per i religiosi vuol
dire relazionarsi al divino, per i più pragmatici vuol dire conseguire ciò che
è utile.
Ma il vero discrimine è tra cultura
biofila e cultura necrofila. L'estrema volgarizzazione e deformazione del
cristianesimo, del marxismo, della filosofia di Nietzsche ha portato a bagni di
sangue. Ma cultura necrofila significa anche quella suicidaria, violenta o che
comunque civetta con la morte. L'arte è biofila non solo perché è terapeutica/catartica
(si pensi all'arteterapia o alla psicosintesi) ma anche in quanto è
attività extrasoggettiva ed universale in una epoca caratterizzata
dalla cosiddetta decostruzione del simbolico.
L'arte ricorda all'uomo di essere un
"animale simbolico" ed anche questa è conoscenza perché espressione
dell'inconscio freudiano, dell'inconscio collettivo e rappresentazione del
mondo. L'arte è al tempo stesso polisemia, continua metafora e stimolo di
riflessione. L'arte ci pone sempre nuovi interrogativi e ci mostra aspetti
nascosti e sconosciuti di noi stessi. C'è un'arte che mette ordine ed un'arte
che aggiunge disordine al caos del mondo, provocando e sovvertendo i codici
usuali.
La vera arte non deve veicolare messaggi
edificanti: deve soltanto spingere al pensiero in una società che vuole
annullare il senso critico e vuole tramutare i nostri intelletti in concentrati
di luoghi comuni. Le scienze quantificano e l'arte invece qualifica il mondo,
gli autori e i fruitori. All'uomo non bastano solo le equazioni e i nessi
causali: vuole anche intuire le forme ed esprimere la propria parte più
profonda. La logica deduttiva non basta perché il principio di non
contraddizione non può niente sulla contraddittorietà del reale. Ogni opera
d'arte è un tassello al mosaico della cultura umana. Non a caso di una opera
d'arte si dice oggi che ha contenuto di verità.
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