Coronavirus: nelle situazioni di difficoltà, emerge il carattere degli italiani. Fantasia, intelligenza, ironia, sorriso, buon umore. Il miracolo è possibile. Alla fine, vuoi mettere un’amatriciana?
di Laura
Maria Di Forti
Si dice che è proprio
nei momenti di grande difficoltà che l’italiano rivela la sua creatività, il
genio sopito, il suo essere speciale, la sua innata capacità di creare
meraviglie laddove altri riuscirebbero solo a produrre la mediocrità
funzionale.
Scanzonati,
divertenti, addirittura geniali, sicuramente creativi, ironici, talvolta
spregiudicati nel bene e nel male, gli italiani sanno essere singolari e fantasiosi,
estrosi, intelligenti, brillanti e acuti. Sanno convertire un problema in
risultato perché se ne gabbano del problema, lo prendono in mano, lo
confondono, lo accerchiano, lo manipolano con la forza delle loro menti oltre
che della loro volontà, riuscendo perfino a convivere con esso fino a quando
diventa malleabile, ridotto a niente, separato dalla gravità di cui solitamente
si nutre e, in questa maniera, lo trasformano in risorsa.
E se il miracolo non
avviene, allora, quantomeno, il problema viene preso di mira, beffeggiato,
ridicolizzato, ridotto a fonte di sarcasmo, di ironia pungente, costretto a
farsi piccolo, a nascondersi, viene ridicolizzato, forzato a rimpicciolirsi, a
restringersi in una dimensione lontana, separata, distante anni luce.
Il coronavirus. In
questi giorni di forzata inattività, con l’obbligo di restare a casa, di non
uscire, di doversi difendere da questo nemico invisibile e crudele, noi
italiani ubbidiamo, certo, almeno ci proviamo, sicuramente, ma, intanto, cerchiamo
anche di sfogare la paura, l’immensa tristezza, la pena per il contagio, i
morti, l’emergenza e la crisi economica, e lo facciamo tirando fuori la
creatività, l’ironia e il sorriso. Piangersi addosso? Non è da noi, anche se viviamo
come se fosse scoppiata la terza guerra mondiale.
Noi italiani, famosi
nel mondo per la moda, il design, la varietà di formaggi, di vini, per l’arte, per
la musica, noi italiani cerchiamo di sopravvivere. E lo facciamo a nostro modo.
Tutto il mondo sta soffrendo o soffrirà. E allora, a dispetto di chi all’estero
dice che è meglio far morire un po’ di gente piuttosto che subire un’altra
crisi economica (insomma: a chi tocca, tocca), a dispetto anche di chi
preferisce credere che il virus sia contagioso, certo, ma inevitabile, noi
italiani usiamo la fantasia e ci intratteniamo, costruiamo teatri nelle case e
palcoscenici sui balconi.
E allora ci
ritroviamo a cantare dalle finestre, allestiamo siparietti comici in cucina o
in salone aiutati da amici, parenti, figli e persino animali domestici.
Esilarante il filmato
che mostra una ragazza che starnuta ed il suo gatto che rovinosamente scappa
per evitare il contagio rischiando di scivolare sul pavimento, quello del cane
con addosso un cartello con la tariffa richiesta per il pretesto di una
corsetta veloce di venti minuti, quello della giovane che si trucca e si veste
per andare dal bagno al salotto, la signora chic che sale su tacchi vertiginosi
e indossa un vestito elegante per andare nel proprio giardino a buttare
l’immondizia.
Filmati casarecci, certo,
ma pensati e realizzati dall’oggi al domani, sparati in rete per il
divertimento di tutti noi, costretti a restare a casa, proprio noi che,
complice il clima mite e la bellezza della nostra Italia, siamo abituati a fare
i girandoloni cronici. L’ora di punta da noi va dalle sette del mattino a
mezzanotte.
E poi ci sono i bambini che esortano ad essere ligi al dovere, a non
uscire, avere pazienza e rimanere a casa mostrando grande senso di
responsabilità, proprio loro che avrebbero bisogno di andare al parco e
muoversi e giocare con i loro piccoli amici. E ci sono anche i consigli di
medici volenterosi, i messaggi di incoraggiamento e quelli che esortano a pazientare
e ad avere fiducia. “Tutto andrà bene” è lo slogan di questi giorni.
Sono le
parole di Giuliana
di Norwich, una mistica del quattordicesimo
secolo, segno che, in certe situazioni veramente drammatiche, la nostra
spiritualità si fa più attenta. Ma, intanto, come non ridere di fronte all’immagine di un uomo
completamente vestito, con il cellulare in mano che si regge al binario della
doccia del bagno, quasi fosse sul vagone della metro? “Prossima fermata Piazza
San Salone. Apertura porte a destra” recita la didascalia. Geniale.
E il cartellone stradale che indica a sinistra la cucina, al centro la
camera da letto e a destra il salotto? Segno evidente che ci manca molto
scorrazzare in auto, persino col traffico! C’è anche un birbante Minion che
dichiara che solo alla fine, quando tutto sarà finito, sapremo quante bionde
naturali esistono veramente, con buona pace di tutte le finte bionde
impossibilitate ad andare a farsi la tinta.
La mia preferita? La vignetta che recita così: “Tra un po’ dovremo andare
a cacciare per mangiare e io non so nemmeno dove vivono le lasagne”.
Ma forse darei la palma della vittoria ad un fantastico Paperino sdraiato
sul divano con un boccale di birra in mano che dichiara il “Divano – patrimonio
del nun esco” o magari a Snoopy
che, con fare sonnacchioso, recita “#iorestoacasa, perché non capita tutti i
giorni di salvare l’Italia restando in pigiama”.
Insomma, la fantasia italica è dirompente, dilagante, straripante. Forse noi
italiani dovremmo essere più responsabili, ma non siamo ligi come il popolo
germanico e nemmeno battaglieri come quello inglese che ha deciso di continuare
la propria vita e alla fine di contare le vittime. Non abbiamo assaltato le
armerie come gli americani, semmai i supermercati.
Anche in questi tempi bui e dolorosi, una bella amatriciana può servire a
consolarci. Siamo italiani: sbagliati, confusi, disobbedienti, individualisti.
Ma nei momenti bui, in quelli tragici veramente, allora ritroviamo l’unità e il
senso di patria sfoderando bandiere tricolori, cantando sul balcone le più
belle canzoni della nostra tradizione canora e dando libero corso alla nostra
creatività.
La fantasia è quella cosa che certe persone non riescono nemmeno ad
immaginare, disse Laub, un giornalista e scrittore polacco.
E d’altronde qualcuno ha detto: Solo coloro che possono vedere l’invisibile,
riescono a compiere l’impossibile. E
allora speriamo di farcela, perché noi italiani di fantasia ne abbiamo tanta,
abbiamo ali immense, gigantesche che ci fanno volare in alto per guardare il mondo
da un’angolatura inaspettata che tanti altri non sanno nemmeno che esista.
Preferisco essere un sognatore tra i più umili e con visioni da
realizzare, piuttosto che il principe di un popolo senza sogni né desideri,
disse il grande Kahlil Gibran. E noi italiani siamo tutti sognatori, siamo
visionari, siamo quelli che riescono a fare un’opera d’arte di una sedia, un
pezzo di marmo o di formaggio e un metro di stoffa.
Ma, soprattutto, noi
italiani siamo quelli che non si arrendono mai, che riescono a prendersi in
giro, a ridere dei propri difetti e a sbeffeggiare persino il coronavirus.
Nessun commento:
Posta un commento