Storie di isolamento: chiude una piccola fabbrica con il coronavirus. Ritornerà
a fare materassi?
di
Marina Zinzani
Gli
operai a casa, la ditta chiusa. Due casi di coronavirus fra quegli operai che
fanno parte della sua vita ormai, conosce le loro storie, le loro famiglie. Ditta
chiusa per chissà quanto tempo, produce materassi la ditta, e lui teme un’altra
forma di contagio, che si accompagna a questa fra le persone.
Teme il contagio economico, uno che non riesce a pagare, l’altro che non paga perché non viene pagato, la filiera di insoluti insomma, e lui per ultimo. Già le cose non andavano bene prima, figurarsi ora, con un futuro pieno di incognite. Come pagherà gli operai i prossimi mesi? Per quanto tempo si fermerà l’economia, cioè gli ordini, le consegne, e la banca, cosa dirà la banca quando lui non potrà far fronte al mutuo sul capannone?
Teme il contagio economico, uno che non riesce a pagare, l’altro che non paga perché non viene pagato, la filiera di insoluti insomma, e lui per ultimo. Già le cose non andavano bene prima, figurarsi ora, con un futuro pieno di incognite. Come pagherà gli operai i prossimi mesi? Per quanto tempo si fermerà l’economia, cioè gli ordini, le consegne, e la banca, cosa dirà la banca quando lui non potrà far fronte al mutuo sul capannone?
I
pensieri si aggrovigliano, e lui è un uomo stanco, ha sessant’anni, e
improvvisamente si sente davanti ad una prova che non si aspettava, è una
stanchezza soprattutto psicologica, sente che sarà una botta forte, e non sa se
riuscirà a rialzarsi.
Intanto
è in quarantena, come gli altri operai. E’ un momento drammatico, per ora sta
bene, e conta i giorni, teme, e spera, prega, dentro di sé. La figlia ha un
futuro da scrivere, sta per laurearsi, la moglie è diventata triste da un
momento all’altro e lui, lui ha tremila pensieri nella testa, ha dei conti da
far quadrare, e teme, teme per quei due operai che sono stati ricoverati, e uno
non sta per niente bene.
Trovare
la forza, è una guerra, non bisogna arrendersi, è la depressione che si
rischia, è proprio lì dietro l’angolo. E’ un mutamento di rapporti, anche con
la moglie, si guardano, e il fatto che lei abbia detto “dovevi vendere anni fa
l’azienda, ti offrivano un sacco di soldi”, ecco, quella frase l’ha fatto
sentire solo. A saperle le cose. Ora sarebbe stato un tranquillo pensionato con
un discreto gruzzolo in banca, senza problemi di ordini, di consegne, di fidi.
Ora vedrebbe tutto con più distacco, anche se con la paura che hanno le
persone, è naturale. Si è sentito solo, la moglie dice le cose col senno di
poi, una cosa lieve, certo, ma stonata, avrebbe voluto un po’ più di vicinanza,
anche perché ci sono due giovani all’ospedale, e non è uno scherzo.
Quanto
tempo ha passato dentro la ditta, quanti materassi ha prodotto. Materassi che
andavano in case di giovani coppie, piene di entusiasmo per la loro casetta che
si costruivano, acquistavano mobili, mettevano tende, e per ultimo il
materasso. Quello che sembra cosa da poco, ma da cui dipende il dormire bene. E
i suoi materassi hanno sempre soddisfatto i clienti, tanto più che gli ordini
non sono mai mancati.
Torneranno
gli ordini? Si salveranno i suoi due dipendenti? Contageranno altri loro
familiari? I pensieri e l’isolamento in casa, con una moglie che parla sempre
meno, sembra distaccata. La figlia è dal fidanzato ed è bene così, che stia
lontana in questo momento.
Hanno
poche cose da dirsi da anni, in fondo. Solo che tutto era nascosto dall’andare
al lavoro, dagli impegni di ogni giorno, dal far tardi la sera per far quadrare
i conti, per preparare la giornata successiva agli operai.
Coraggio,
forza, gente che si trova sui balconi, è un modo per esorcizzare la paura,
comprensibile, ma lui è lontano da tutto questo, lui è triste, è contagiato
dalla tristezza della moglie. Si è spento il matrimonio, e in questo momento
questo maledetto coronavirus ha avuto il potere di mostrare una faccia nascosta
della sua realtà, ha mostrato le fragilità dettate dalla paura, ma anche le
fragilità delle proprie fondamenta.
Cosa
fare? Il materassaio chiama la moglie di uno degli operai, chiede come sta. Lei
dice poche parole, è sconvolta. Lui è stato un po’ un padre per questo giovane,
che è entrato nella sua azienda da ragazzo, e si è affezionato tanto a lui. E
forse questo affetto è stato reciproco. Di certo gli ha fatto un po’ da secondo
padre.
Deve
essere forte, anche se dentro si sente crollare il mondo, anche se ha paura,
anche se non sente il sostegno principale, quello della moglie.
“Vedrai
che ce la farà, non temere” dice all’improvviso alla moglie del suo operaio.
Ha
una voce forte, decisa, quella delle decisioni e delle certezze, della forza che lo hanno portato, dal nulla,
ha costruire una bella azienda. Quella voce arriva nel cuore della giovane,
parlano un po’, lui le offre tutto il suo appoggio, farà quello che può fare,
pur essendo in quarantena... Quella donna sembra sollevata, alla fine della
telefonata.
Lui
tira un sospiro. Sono in battaglia. Lui gli ha fatto un po’ da padre, al suo
dipendente. Lui ha incoraggiato sua moglie, come fosse un pezzo della sua
famiglia. Mostrandosi forte.
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