giovedì 16 maggio 2024

Van Gogh, i girasoli e quel mondo infinito

di Marina Zinzani

Arles, Provenza, 1888. Vincent Van Gogh ha saputo che il suo amico Paul Gauguin lo raggiungerà e che abiterà con lui nella sua casa gialla. Van Gogh ha un’idea: richiamare altri pittori lì ad Arles, creare una comunità di artisti, sotto l’insegna di un’arte condivisa.
Van Gogh è felice, pieno di entusiasmo, non vede l’ora che Gauguin arrivi, e pensa che dovrà accoglierlo nel migliore dei modi. E cosa si fa per accogliere degnamente un ospite? Si prepara qualcosa di speciale per lui.
Van Gogh prende la tela, i colori, i pennelli, e inizia a dipingere dei girasoli. La mano è sicura, il colore ha più strati, il giallo diventa più intenso nelle sue molteplici tonalità. Lui adora i girasoli. Vi vede la loro proiezione verso il sole, il loro prendere forza e linfa, come un volto che si abbevera ad una fonte primordiale.
Vi vede il loro guardare verso la terra, quando il sole tramonta. E la caducità della vita, quando sfioriscono, si seccano. In quei girasoli il pittore trova un mondo, un concetto, la rappresentazione della tragedia e della grandezza umana, della gioia di vivere e della fine inevitabile. Quel sole raccolto, che li ha fatti splendere, creando campi immensi di commovente bellezza, diventa il significato più profondo della vita, diventa la gioia raccolta, l’amore.
Van Gogh entra quasi in estasi dipingendo, la mano è così sicura che alla fine dipingerà più quadri di girasoli. Vuole decorare con quelli la stanza di Gauguin, tutto sarà pronto per quando lui arriverà. E’ il suo amico. Sarà l’inizio di un nuovo periodo, forse sereno.
Non sarà sereno invece, perché l’amicizia con Gauguin non durerà. Probabilmente Gauguin non apprezza come dovrebbe lo sforzo artistico dell’amico. Anche le problematiche di salute mentale di Van Gogh lo spaventano e il rapporto fra di loro non funzionerà. Pochi mesi dopo Gauguin scapperà dalla casa gialla, non vi farà mai più ritorno. Addio comunità di artisti, addio all’amicizia.
In quei girasoli c’era la gioia di avere trovato un amico. C’era la loro caducità di esseri viventi, come nelle amicizie che finiscono. O che non ci sono mai state, se non da una parte, da chi, bisognoso e sensibile, emarginato, credeva di avere trovato un approdo, un’amicizia.

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