di
Marina Zinzani
Parlare
di Leopardi durante un’ora di lezione. Il professore sa cosa deve dire, è anni
che le dice, quelle cose. Sono anni che illustra Leopardi e vede volti
distratti, svogliati, insofferenti: ragazzi a cui non interessa minimamente
sapere qualcosa su quel poeta, su altri poeti.
Il professore aveva un sogno, e sembra mille anni prima: comunicare la bellezza della poesia, o di una prosa, inculcare come piccole gocce di pioggia che rimangono su una foglia la passione, l’amore, la curiosità. Piccole gocce che un domani potevano forse essere utili. A guardare il mondo? A capirlo? A sbagliare meno? A non perdersi nella notte?
Il professore aveva un sogno, e sembra mille anni prima: comunicare la bellezza della poesia, o di una prosa, inculcare come piccole gocce di pioggia che rimangono su una foglia la passione, l’amore, la curiosità. Piccole gocce che un domani potevano forse essere utili. A guardare il mondo? A capirlo? A sbagliare meno? A non perdersi nella notte?
Sta
finendo la lezione, il professore parla, quasi una sorta di automatismo, perché
dietro c’è il vuoto. Sa che le sue parole vanno verso il nulla, che nessuno le
raccoglie. Triste, triste per un professore, finire così. Il suono della
campanella è una liberazione. I suoi studenti si lasciano andare a sguardi
liberatori, a discorsi a voce alta, si alzano, si vede che non ne potevano più.
Stipendio alla fine del mese. Soddisfazioni poche. Contare gli anni che mancano
alla pensione. I genitori che intervengono subito, se fa qualcosa di più forte
verso uno studente. I genitori non più alleati della scuola ma ostili. Nessuno
deve rimproverare i loro figli. Quelli che sbuffano e ridono, e disturbano.
E’
solo, il professore. Il passo stanco già
di prima mattina, i capelli grigi e la voce spenta sono rappresentazione della
sua sconfitta. Ha fallito: a nessuno interessa veramente la letteratura. Si
parla di social, di Facebook, di mille altre diavolerie, la poesia è cosa
sorpassata. Silvia, rimembri ancora…? Solo davanti al fuoco, certe sere, il
professore prende in mano un libro e rilegge, e risente, risente ancora. Nel
silenzio della sua casa si sente meno solo che in classe, Leopardi parla, ogni
tanto, compagno fedele assieme ad altri compagni fedeli che non lo hanno mai
abbandonato.
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