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Caro maestro, le chiedo molto

di Abraham Lincoln
(Commento di Angelo Perrone)

(ap) Non c'è solo la politica lontana dalla gente, né solo la sua mistificazione ad opera di manipolatori. Sarebbe di per sé nobile ed utile arte, la politica; quando fosse davvero a servizio dei cittadini. In America, si avvicina un giorno decisivo, da cui dipendono le sorti di quel paese, ma anche, in grande misura, quelle del mondo intero. La fiducia nella capacità di un’antica democrazia di selezionare le migliori soluzioni possibili traballa vistosamente e sembra trovare un’angosciante smentita nella contesa che porterà all’elezione del nuovo presidente.
Comunque, dopo la sorpresa e lo stupore, bisognerà pur pensare “al che fare”, per non sprofondare sempre più in giù. E va bene anche l'indignazione, purché non sia peggiore del male che si vuol combattere e non si affidi a incompetenti strilloni da strada, dall’altra parte dell’oceano certo, ma anche qui da noi, nel nostro paese, e ovunque. Le parole rivolte un giorno da Abraham Lincoln all’insegnante di suo figlio sono molto più che un richiamo paterno: semmai un decalogo di virtù civili, un monito alla coscienza di tutti i cittadini, un servizio reso al proprio paese. Sono le parole che tutti portiamo nel cuore; che vorremmo sentire sempre; alle quali si affida disperatamente la speranza, e che rendono valore universale l’esercizio della democrazia.

"Professore, lei dovrà insegnare al mio ragazzo che non tutti gli uomini sono giusti, non tutti dicono la verità; ma la prego di dirgli pure che per ogni malvagio c'è un eroe, per ogni egoista c'è un leader generoso. Gli insegni, per favore, che per ogni nemico ci sarà anche un amico e che vale molto più una moneta guadagnata con il lavoro che una moneta trovata. Gli insegni a perdere, ma anche a saper godere della vittoria, lo allontani dall'invidia e gli faccia riconoscere l'allegria profonda di un sorriso silenzioso. Lo lasci meravigliare del contenuto dei suoi libri, ma anche distrarsi con gli uccelli nel cielo, i fiori nei campi, le colline e le valli.
Nel gioco con gli amici, gli spieghi che è meglio una sconfitta onorevole di una vergognosa vittoria, gli insegni a credere in se stesso, anche se si ritrova solo contro tutti. Gli insegni ad essere gentile con i gentili e duro con i duri e a non accettare le cose solamente perché le hanno accettate anche gli altri. Gli insegni ad ascoltare tutti ma, nel momento della verità, a decidere da solo. Gli insegni a ridere quando è triste e gli spieghi che qualche volta anche i veri uomini piangono. Gli insegni ad ignorare le folle che chiedono sangue e a combattere anche da solo contro tutti, quando è convinto di aver ragione. Lo tratti bene, ma non da bambino, perché solo con il fuoco si tempera l'acciaio. Gli faccia conoscere il coraggio di essere impaziente e la pazienza di essere coraggioso. Gli trasmetta una fede sublime nel Creatore ed anche in se stesso, perché solo così può avere fiducia negli uomini. So che le chiedo molto, ma veda cosa può fare, caro maestro".

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