(Angelo Perrone) In un’epoca che richiederebbe la lucidità di Machiavelli e l'integrità di Cicerone—con Gaza e l'Ucraina che bruciano—l’America risponde con audacia. La notizia che Donald Trump stia allestendo la sua corte alla Casa Bianca con uno stuolo di collaboratrici, senatrici, procuratrici e ministre, selezionate anche tra ex Miss di concorsi di bellezza farebbe sorridere, se non confermasse un’irrimediabile mancanza di serietà.
Mentre la geopolitica affronta i nodi della sopravvivenza, l'unica preoccupazione reale sembra essere l'estetica del potere. La “serietà” è un concetto obsoleto, quasi un fastidio plebeo. L’unica cosa che conta è l’immagine e il tratto trionfale.
In effetti, perché dibattere sulla competenza dei ministri quando si possono avere assistenti che hanno già dimostrato le loro capacità? L'esperienza nelle sfilate è il nuovo requisito della realpolitik. Unita alla grazia esibita sul palcoscenico. La sfilata, in fondo, è una forma di diplomazia: devi camminare dritto, sorridere anche se hai i piedi che fanno male, e dare l’illusione di essere perfetta. Proprio come un governo.
E allora, se l'impegno di Trump per il 250° anniversario degli Stati Uniti è commissionare per Washington un progetto ispirato all'Arc de Triomphe di Parigi, l'iconografia è completa. Strategie, riforme? Piuttosto, un arco di trionfo. Per celebrare cosa, esattamente? Il trionfo della vanità. La Storia, oggi, è fatta da una passerella.
Nei momenti di massima gravità—come quando si fantasticava di trasformare Gaza, un cimitero a cielo aperto, in una lussuosa Riviera —emerge il “marketing istituzionale”. Tra una miss in ufficio e un arco celebrativo, le speranze che la politica possa risolvere i problemi reali si fanno sempre più sottili.
Come uscirne? Forse, il primo passo sarebbe proprio riconoscere l’abisso. Abbandonare simboli e immagini – per quanto una Miss sicuramente apprezzabile o un arco celebrativo maestoso – per tornare ai fatti: costruire istituzioni serie, affrontare i conflitti con serietà. Insomma, senza scambiare la realtà per una fiction.
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